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lunedì 1 maggio 2017

Il fascino intramontabile dell’Art Déco


Di Annalisa Petrella
Alberto Martini, Ritratto di Wally Toscanini, 1925, 
pastello su carta.
Collezione privata.


A partire dagli anni Venti le relazioni tra le arti decorative e le arti figurative italiane diventano molto pregnanti e acquistano visibilità attraverso le esposizioni internazionali in cui i due mondi si confrontano a Monza, a Venezia, a Firenze, a Roma. Nel decennio compreso tra gli anni Venti e Trenta nascono il design e il made in Italy che portano alla ribalta della scena artistica gli arredi, le ceramiche, i vetri, i metalli lavorati, gli stucchi, i bronzi, i gioielli, gli argenti e gli abiti. Nel 1925 all’Exposition Internationale des Arts décoratifs et Industriels Modernes di Parigi, da cui deriva la formula Art Déco, il movimento ha già costruito la sua parabola espansiva e ha affermato e diffuso il glamour della pura decorazione a Parigi, nelle capitali europee, in Italia e, successivamente, troverà ampi spazi anche nelle Americhe.


L’Art Déco evoca nell’immaginario collettivo atmosfere di grande fascino, grondanti lusso e ricercatezza ed è stata ampiamente celebrata nell’arte, nella letteratura e nel cinema ma, pur essendo stata oggetto di studi e di esposizioni, talvolta è stata considerata un fenomeno residuale dell’Art Nouveau. Per la prima volta in Italia lo stile Art Déco trova piena autonomia espressiva e identità stilistica attraverso la splendida mostra in corso ai Musei di San Domenico di Forlì, intitolata “Art Déco – gli anni ruggenti in Italia”. I curatori dell’esposizione propongono una rilettura a 360 gradi della produzione artistica del decennio 1919 – 1929 e offrono al visitatore un percorso molto articolato suddiviso in 16 sezioni tematiche, comprendente oltre 400 opere.
Erté, testa di manichino per Pierre Imans in “La Reine de Saba”, 1925,
 tempera su carta. Fontanellato (Parma),
Collezione Franco Maria Ricci.


Piero Portaluppi, Studio per il Grattacielo 
S.K.N.E., 
New York, 1920,matita, inchiostro di china,
 inchiostro colorato e acquerelli su carta. 
Milano, Fondazione Piero Portaluppi.


L’ Art Déco esprime un’idea dirompente di modernità che esalta uno stile di vita di stampo internazionale in cui mondanità ed eclettismo si compenetrano con un nuovo taglio razionalista e vanno a influenzare tutti gli ambiti della produzione artistica. Dopo la distruzione e le privazioni della Grande Guerra la ricca borghesia rivendica un nuovo concetto di bellezza e di gusto che celebra il lusso in tutte le possibili applicazioni. Viene posto al centro dell’attenzione artistica lo spirito della rivoluzione industriale e la macchina, nelle sue diverse applicazioni, assume un ruolo di protagonista, si apprezzano le forme geometriche, i progetti avveniristici dei grattacieli e i marcati contrasti delle luci artificiali delle grandi città.


Gli stili si contaminano in una sinergia vitalistica tra le arti figurative e decorative e il Déco conia un nuovo linguaggio e tenta un’operazione di aggiornamento dei valori artistici anteguerra tenendo conto dell’esperienza delle Avanguardie, ma spogliandoli dei valori ideali e rivoluzionari e trasformandoli in nuove sfide più concrete che celebrano, oltre alla bellezza, il prestigio e la progettualità mirata ad investimenti commerciali di ampio respiro che rappresentino le nuove classi  emergenti medio-alte.
L’obiettivo è quello di creare atmosfere lussuose dove l’eleganza, la squisitezza dei toni e la raffinatezza dei materiali mettano in luce oggetti, mobili, lampade, abiti, quadri e sculture di raro pregio.
Francesco Nonni, Anselmo Bucci, Corteo orientale, 1925-27, maiolica, Faenza, Museo Internazionale delle ceramiche.

Mai come nel periodo Déco, forse con l’eccezione del periodo del Barocco, ogni elemento decorativo ha acquisito una forma così sontuosa e scintillante: fonti d’ispirazione sono la Bangkok di Galileo Chini, la tomba di Tutankamon, i Balletti Russi di Sergej Djagilev, la Secessione viennese e la Metafisica di De Chirico. Nascono i singoli pezzi d’artista o i prodotti di un artigianato elitario che attingono agli stili più diversi: dal neoclassico, per l’impiego di obelischi, nicchie, marmi pregiati, nelle invenzioni architettoniche di Giovanni Muzio, Piero Portaluppi e Gio Ponti, allo stile rococò, per i sostegni dei mobili a zampa di capretto, per l’impiego ornamentale dei drappeggi e l’utilizzo dei motivi a grata e a conchiglia, per l’uso della maschera e delle damine settecentesche realizzate in maiolica veneziana o faentina. Si rievoca l’arte tardorinascimentale con le figure femminili allungate ideate da Gio Ponti per la serie “Le mie donne” o con i preziosismi cromatici della produzione orafa di Alfredo Ravasco, e l’arte classica trova ampio spazio nella pittura decorativa, negli stucchi ornamentali e nella piccola scultura di arredo. Frequenti il richiamo all’antico Egitto e alla civiltà Maya, il cui schema viene usato per alcuni grattacieli americani, ma anche l’Oriente, dalla Cina imperiale ai templi cambogiani, occupa una porzione significativa nelle opere degli anni Venti.
 
Galileo Chini, Studio preparatorio per la decorazione dello scalone delle Terme Berzieri a Salsomaggiore, 1922, tempera su carta. Mugello, collezione privata.

A Salsomaggiore troviamo un esempio sontuoso di Art Déco con ispirazione orientale nelle decorazioni delle Terme Berzieri, realizzate da Galileo Chini negli anni 1918-1923. Allo stesso artista appartengono le scenografie e i costumi per la messa in scena della Turandot avvenuta alla Scala il 25 aprile 1923.
La bellissima immagine della locandina di Turandot, creata dal triestino Leopoldo Metlicovitz, è stata scelta come icona della mostra.
  
Per la manifattura italiana esplode una stagione radiosa quando nel 1922, nella Reggia di Monza, si inaugura l’Università delle Arti Decorative e Gabriele D’Annunzio viene invitato a tenere la prolusione all’anno accademico. La grande industria assicura la diffusione della produzione di massa e lo stile raffinato degli oggetti, fino ad allora riservati soltanto al bel mondo, diventa gradualmente accessibile anche alla piccola borghesia che li fa entrare nelle proprie dimore sotto forma di un paralume, di uno scialle prezioso o di un apparecchio radio.


Guido Balsamo Stella per Manifattura SALIR, Venezia, Coppa Sirena e luna, 1925-28, 
vetro inciso. Venezia, SALIR.



 Autovettura Isotta Fraschini, 1931. Gardone Riviera, Fondazione il Vittoriale degli Italiani.
Modello personalizzato per Gabriele D'Annunzio

L’arte della lavorazione del vetro e della ceramica si rinnova completamente e utilizza modalità creative di grande effetto attraverso l’opera di grandi artisti come Venini, Cappellin, Nonni, Melandri, Bucci e Gio Ponti, a partire dal 1922, eclettico caposcuola della Richard Ginori, con le manifatture milanesi Doccia e San Cristoforo.

Gio Ponti, Casa degli Efebi, 1925, maiolica. Sesto Fiorentino, Museo Richard
Ginori della Manifattura di Doccia.


In questi anni i palazzi e le residenze private, le hall dei grandi alberghi, gli eleganti edifici degli stabilimenti termali, le stazioni delle metropolitane, i grattacieli di Manhattan, i treni e i transatlantici di lusso, grazie all’affermazione del primato delle arti applicate, vivono il massimo dello splendore. Gli ambienti, realizzati su progetti di grandi artisti, mettono in luce   la cura minuziosa ai dettagli con decorazioni in vetro, in bronzo, in smalto, in maiolica, in legno, e con l’utilizzo di tessuti dalle trame pregiate che ispirano eleganza, fascino e comodità.
 René Prou, Carrozza salone del treno Cote d’Azur Pullman Express, 1929.



L’immagine della donna Déco

Tamara de Lempicka, La sciarpa blu, 1930,
 olio su tavola.
Collezione privata.
L’immagine femminile raffigurata nei dipinti di questi anni è completamente trasformata rispetto a quella del decennio precedente; si celebra una donna emancipata che esibisce bellezza o nudità con la chiara consapevolezza della propria forza seduttiva. Ma il cambiamento più rilevante si esplica nell’ambito della moda.


L’abito Déco ha un taglio dritto, morbido, che non sottolinea il punto vita, le sinuosità si annullano e prevale una praticità che fa abbandonare i corsetti e ridurre le costrizioni fisiche, le lunghezze si accorciano dalle caviglie ai polpacci, e anche i capelli subiscono un taglio netto, il taglio a la garçonne diventa quello più alla moda.
Le donne durante la guerra si erano rimboccate le maniche per svolgere compiti solitamente affidati agli uomini richiamati al fronte e avevano adottato un modo di abbigliarsi più consono alle nuove necessità. Dopo la guerra questo nuovo stile più libero e funzionale viene tradotto dagli stilisti, soprattutto parigini, in vestiti longuette dalle forme semplificate, con le gonne morbide o plissettate, ma decorati con ricami, perline, paillettes, strass e jais. Le scarpe
Tamara de Lempicka, Les confidences, 1928,
olio su tela. Collezione privata.
allacciate con cinturini alla caviglia mantengono un tocco di innegabile eleganza e aggiungono una fruibilità più adatta ad una vita di movimento, sportiva, alla guida di automobili o, nei momenti di svago, nei nuovi balli a tempo di ritmo jazz.





La mostra sarà visitabile fino al 18 giugno 2017, ai Musei di San Domenico di Forlì.





32 commenti:

  1. Molto accurata e utilissima per darmi una chiave di lettura della mostra che ho apprezzato. Spesso si perde il filo nelle grandi mostre. Mario

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  2. Avrei "rubato"volentieri qualche lampada per la mia casa. Recensione bellissima. Olga

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    1. La tentazione è imprescindibile davanti a tanta bellezza.
      Grazie. Annalisa

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  3. Seguo le sue recensioni d'arte con piacere perché sono eleganti e sempre ben documentate. M. P.

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  4. Io confondo un po' Liberty e Deco e la ringrazio. Marica

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    1. Non è l'unica perché vi sono alcune affinità. Grazie a lei.
      Annalisa

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  5. La sua presentazione della mostra è davvero invogliare. Può essere adatta a una scolaresca di terza media? Una docente di lettere. Grazie.

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    1. Certamente è adatta perché offre una visione del periodo artistico molto varia e ricca. Inoltre permette di fare collegamenti con i fatti storici salienti di quegli anni.
      Annalisa

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  6. Articolo bellissimo, vorrei sapere se la stazione centrale di Milano è Deco. Giulia

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    1. Cara Giulia, la stazione centrale di Milano, inaugurata nel 1931, attinge a stili diversi dal Liberty al Deco al monumentalismo dell'era fascista. Sarebbe un argomento interessante da trattare, ma ci sono ottime pubblicazioni che trattano la storia del progetto della stazione centrale iniziata molti anni prima della sua realizzazione, bloccata negli anni della Prima Guerra Mondiale e ripresa a metà degli Anni Venti. Un monumento di grande impatto visivo! Grazie.
      Annalisa

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  7. Il fascino del lusso all'ennesima potenza dopo la guerra messo in risalto dalla sua recensione interessantissima. P.T.

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  8. Bellissima presentazione! Ho apprezzato l'aver messo in rilievo le caratteristiche dell'art déco sottolineandone le differenze con il Liberty, con cui spesso si confonde. Ho ancora più voglia di visitare la mostra! Brava Annalisa. Anna

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    1. Anna carissima, devi assolutamente andare a visitarla. Grazie.
      Annalisa

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  9. Dire brava è dir poco! Quando scrivi si capisce quanto "senti" l'argomento. Questa mostra merita di essere visitata. Ci hai dato un plus.
    Miriam

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    1. Cara Miriam, mi leggi sempre con grande attenzione. Grazie.
      Annalisa

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  10. molto viva e movimentata l'Art nouveau.. il decoro nella trascrizione critica fedele all'emozione delle opere, interepretazione e sorprese d'ingegno umano fantastico e realistico. Massimo

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    1. Commento da vero artista.
      Grazie, Massimo.
      Annalisa

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  11. Complimenti per la puntuale e precisa recensione della mostra!
    L'ho vista ed è proprio aderente alla sua descrizione, ricca e bella mostra. C.Vodafone.

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    1. Siamo in sintonia e ti ringrazio.
      Annalisa

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  12. C.V. la mia firma (la tastiera del pc va per conto suo!)

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  13. Una recensione bella ed elegante come l'argomento che tratta. Una curiosità: ma la signora ritratta nel quadro iniziale era forse una antenata dell'autrice della recensione? Vittorio

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    1. Apprezzo l'ironia lusinghiera, ma non mi risultano legami di consanguineita` con Vally Toscanini. Grazie!
      Annalisa

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  14. Recensione molto interessante sicuramente utile a chi come me non ha ancora visto la mostra. Grazie Annalisa mi renderà più gradevole la visita.
    Lucrezia

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  15. Grazie a te e buona visita!
    Annalisa

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  16. Cara Annalisa,davvero un commento profondo ed esaustivo di
    questa bella mostra,ricca e splendente, che mi sono molto goduta a Forlì.Un abbraccio

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  17. Cara Stefania,ti ringrazio.Siamo in sintonia come sempre.
    Annalisa

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  18. Brava Annalisa, una recensione davvero accurata che descrive tutta l'elegante, il lusso e la modernità dell'art déco!
    Ludmilla

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  19. Grazie,Ludmilla.
    Annalisa

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  20. Bella recensione, ho visto la mostra e mi è piaciuta. Attraverso il tuo scritto ho potuto rivederla.descrizione molto dettagliata e pertinente.E.C

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