mercoledì 25 ottobre 2023

UNICO IN RIVOLTA di Raul Zecca Castel

 (a cura di Mimma Zuffi)


Red Star Press

pag.202 € 19,00

Invito alla lettura di Raúl Zecca Castel

 

            Parlare di Stirner, si sa, non è mai stato facile. L’estremo radicalismo delle sue teorie da un lato e la mancanza di sistematicità che ne contraddistingue l’esposizione dall’altro, hanno fatto sì che l’Unico restasse per lungo tempo ostaggio delle più diverse strumentalizzazioni ideologiche, quando non fosse considerato come prova dell’insanità mentale del suo autore, documento clinico di un malato psichiatrico. Condanne e maledizioni, queste, che assieme all’opera non si sono infatti risparmiate di colpirne il povero autore, destinato ad un’esistenza di stenti e umiliazioni prima e al più ingrato oblio storiografico poi.


            Scrive Roberto Calasso, a ragione, che i più fedeli lettori di Stirner, quelli che costantemente ne hanno sentito l’attrazione, sono gli autodidatti e i farneticanti. Non è un caso dunque – e nemmeno presunzione – se la prima volta che scorsi le pagine di quest’opera appartenevo alla prima delle due categorie, per quanto ora, a ripensarci bene, rivedendo nella memoria gli improbabili poster affissi alle pareti di casa in cui campeggiavano a caratteri cubitali alcune delle più efficaci frasi stirneriane (‘Io sono il nemico mortale dello Stato’, e ancora ‘Nelle mani dello Stato la violenza si chiama diritto, in quelle dell’individuo delitto’), forse non ero poi così lontano dall’esprimere una perfetta fusione di entrambi gli elementi. Dovevo avere circa quindici anni e le pagine de l’Unico sembravano custodire segreti e misteri talvolta indecifrabili.

            Quando una decade più tardi decisi di impegnare la mia tesi di laurea in filosofia allo studio del pensiero stirneriano provai la strana sensazione di chi vuole chiudere un conto rimasto troppo a lungo in sospeso. Quasi una scommessa, una sfida a due da giocare sul filo del tempo, un secolo e mezzo di domande, dubbi, silenzi, accuse, apologie. Così ho provato ad affrontare il testo di Stirner da un punto di vista filosofico, cercando di stare il più possibile alla larga da preconcetti ideologici, analizzandone quelle che a mio avviso erano le nozioni cardine. Lungi dall’assumere aprioristicamente una posizione determinata, di manifestarla e dunque argomentarla, ho invece tentato di svolgere un’operazione speculativa che consistesse in una sorta di vivisezione dei vari concetti che Stirner offre in modo poco ordinato al lettore. L’obiettivo era quello che ognuno – me compreso – potesse trarne autonomamente le proprie conclusioni.

            Conclusioni, tuttavia, che in alcun modo possono considerarsi risposte definitive alla questione stirneriana. Ciò perché l’Unico non intende affatto istituire un nuovo sistema filosofico, né tantomeno un nuovo modello politico o un progetto antropologico, ennesima utopia. Si ha a che fare, piuttosto, con l’auspicio di una nuova consapevolezza - consapevolezza egoistica appunto - fondamento individualistico di ogni possibile pensare ed agire. Vano, dunque, ogni sforzo definitorio di quella figura immemorabile che è l’unico stirneriano, fluire inarrestabile di energie centrifughe, perpetua impermanenza dell’essere. Ogni definizione, in quanto tale, non può che esprimere il raggio d’azione di sempre universali categorie, concetti e ideali che altro non sono se non simulacri del potere, gerarchia autoritaria sotto il cui giogo si chinano le teste umane.

            Anche per questo, Stirner non si definisce mai anarchico. Eppure, come avverte Franco di Sabantonio in un suo contributo sull’anarchismo stirneriano (F. Di Sabantonio, Stirner e l’anarchismo, in AA. VV., Individuo e insurrezione. Stirner e le culture della rivolta - Atti del Convegno -, a cura di E. Xerri e V. Talerico, Il Picchio, Firenze, 1992), proprio per questo, egli può dirsi molto di più, più anarchico degli stessi anarchici. Il suo, se si vuole, è un anarchismo metodologico. Esso è strumento e mai fine o scopo, poiché questo resta sempre l’individuo nella sua incommensurabile unicità.

            Ecco allora che il messaggio custodito tra le pagine de l’Unico, quel messaggio per me una volta così segreto e misterioso, consiste forse in un semplice quanto impegnativo invito. L’invito a prendere coscienza di se stessi, dei propri interessi, della propria contingenza, a riappropriarsi di quanto nei secoli è stato alienato nei più diversi al di là, a disporre quindi delle proprie capacità e facoltà, a rivoltarsi, al fine ultimo di schiudere la via alla possibilità di una vita non più rinunciataria ma gioiosa, dove le relazioni tra gli individui siano fondate sulla reciprocità e non sullo sfruttamento gerarchico. Un invito, purtroppo, che pare essere rimasto inascoltato sin da allora e la cui eco – ahinoi! - si affievolisce giorno dopo giorno.

Raúl Zecca Castel, PhD
Assegnista di ricerca in Antropologia Culturale
Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione “R. Massa"
Università degli Studi di Milano-Bicocca

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