(a cura di Mimma Zuffi)
Mursia - pagg. 134 (testo: 118 + inserto: 1/16), € 13,00
«Perché solo ora, a quasi
ottant’anni, ho deciso di pubblicare queste pagine che da decenni giacciono in
un cassetto? Affinché una voce in più, quella di una bambina deportata a undici
anni, si unisca alle tante che con le loro sofferte memorie vogliono
contrastare chi osa, mentre alcuni dei sopravvissuti sono ancora in vita,
minimizzare, addirittura negare, quanto accaduto. Chi alzerà la propria voce
indignata, offesa, quando fra non molto non ci sarà più alcun testimone?»
Dopo una vita trascorsa senza mai
sottrarsi al dovere morale di testimoniare, Arianna Szörényi decide di
pubblicare il suo diario della deportazione, scritto dopo la liberazione dal
lager di Bergen-Belsen, dove la sua voce di bambina urla la propria sofferenza
con una semplicità e un’ingenuità disarmanti. In ogni riga il lettore sentirà
l’eco del pianto e della disperazione dei suoi famigliari. Rivedrà le mani
bianche del padre e gli occhi socchiusi della madre che la stringeva a sé
cercando di proteggere la sua creatura più piccola, e i volti degli altri
fratelli che cercavano un abbraccio fra tutti, senza avere tregua
nell’incessante allucinazione di quel viaggio di cui non si conosceva la meta.
Arianna Szörényi è nata a Fiume nel 1933 da papà
ungherese e madre triestina. Sfollata a San Daniele del Friuli, viene arrestata
nel giugno del 1944 con tutta la famiglia e deportata nella risiera di San
Sabba. Trasferita ad Auschwitz-Birkenau, sopravvissuta alla marcia della morte,
arriva al campo di Ravensbrück e da lì a Bergen-Belsen, dove viene liberata
nell’aprile del 1945 dagli Alleati.
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