di Giorgio Olivari
Il topo
e suo figlio di
Russell Hoban non è una fiaba per soli bambini: è la vicenda di un padre e di
un figlio particolari, una fiaba per adulti che narra di due personaggi di
latta legati per le mani e mossi dalla molla dentro il corpo del genitore; ed è
un’avventura fantastica e inaspettata attraverso un mondo di rifiuti.
Il topo
e suo figlio sono
un unico giocattolo: il padre tiene il figlio dinanzi a sé, e nel suo movimento
meccanico lo solleva e balla, occhi negli occhi, indissolubilmente, finché la
carica a molla glielo consente. Ciò nonostante sono due entità diverse, hanno
aspettative differenti e perfino il loro modo di affrontare il mondo sarà
dissimile. Il motore che fa muovere il giocattolo è nel padre: è lui quello con
i piedi per terra, quello concreto, ma anche quello ormai disilluso; il figlio
è con i piedi all’aria, vuoto nel suo guscio di latta, ma compensa quel vacuo
metallo con i suoi sogni e con le sue speranze per il futuro.
C’è un’altra cosa che rende difficile la vita di questo giocattolo bipartito, ed è la carica a molla: ci deve sempre essere qualcuno che li ricarichi; per questo motivo il topo e suo figlio sono alla ricerca di una soluzione, di qualcuno che possa realizzare per loro un meccanismo in grado di renderli finalmente liberi da questa dipendenza.
La loro storia è nel viaggio assediato da pericoli e personaggi inquietanti, da alleanze improbabili e da metafore sul filo del rasoio: un vagabondare inquieto fra le tenebre, rischiarate a fatica da sporadici lampi, dal luminoso senso della vita. Troppo spesso crediamo che il nostro mondo, quello che siamo in grado di percepire, sia il mondo intero, e con tale metro pretendiamo di misurare ogni evento.
Quella che Russel Hoban, rappresentante
di quel realismo magico tanto caro
a Calvino o a Marquez, tesse con fili inossidabili e non scalfiti dallo
scorrere del tempo è una fiaba morale quasi priva di morale, sempre in bilico
fra lo sferragliare sghembo delle parole e gli sprazzi di poesia, senza –
meravigliosamente – deragliare mai.
Una lettura che parla di rapporti tra
padre e figlio, di sogni che si realizzano o restano sospesi, del tempo che
scorre rapido e non sempre a misura d’uomo.
(pubblicato con l'autorizzazione di www.inkroci.it)
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