di Annalisa Petrella
La parola chiave per
interpretare l’ultimo film di Pedro Almodóvar, “Dolor y gloria”,
è riconciliazione, intesa nel senso più ampio: riconciliazione con il proprio
passato, con le persone significative che ne hanno fatto parte e, soprattutto,
con se stessi.
Il film, che è stato molto apprezzato al
Festival di Cannes, dove Banderas ha vinto la Palma d’oro come miglior attore
protagonista, ha un taglio autobiografico già sperimentato in “Todo sobre mi
madre”, “Volver” e “La mala educación”, ma qui Almodóvar ha voluto rinnovare lo sguardo, stemperando
l’acuzie degli eccessi a lui congeniali ed ha realizzato una pellicola sobria,
melanconica, riflessiva che va a scavare nelle ombre del proprio passato in un
processo di rievocazione e catarsi.
Antonio Banderas
alter-ego di Pedro Almodóvar, interpreta in modo superlativo la parte del
protagonista, Salvador Mallo, un regista famoso il cui film di maggior successo,
che risale a trent’anni prima, è stato “Sabor”. L’uomo si è ripiegato su se
stesso e sui propri acciacchi, dovuti anche all’avanzare dell’età, in una
totale assenza di spunti creativi, è bloccato da anni nella sua produzione artistica e vive
imbrigliato in un labirinto di paure e mali fisici che gli impediscono di
misurarsi con il presente.
Il concetto di “dolor”
che nel fluire delle scene prevale su quello di “gloria”, relegato a un ruolo
secondario, pone subito al centro il corpo di Salvador fin dalla prima scena in
piscina: l’uomo è completamente immerso nell’acqua, le braccia sono spalancate
in una sorta di abbandono totale e sul petto è ben visibile una lunga cicatrice,
traccia di un “dolor” che non si dimentica. L’acqua, elemento simbolico che
attenua il peso del vivere, con la sua trasparenza mette a nudo un corpo senza
difese, come in un richiamo all’amnios materno, in attesa di un possibile
risveglio dell’anima alla vita. Salvador si sente perduto, si rinchiude in se stesso e
s' isola nella propria casa dove i colori
accesi sembrano soffocati da uno strato di depressione. Sono i colori di una vita precedente di eccessi e
successi, ma anche quelli di esperienze forti i cui ricordi chiedono di
riaffiorare in un disegno riappacificatore. Assistiamo così a un’intima e
sussurrata ricognizione della vita trascorsa, a un diario di memorie dove
l’artista Almodóvar
traduce le sue esperienze più intime in qualcosa di profondo che riguarda tutti
noi. Il passato
viene ripercorso in una serie di flashback, con geniali raccordi di montaggio e salti temporali tecnicamente impercettibili,
nonostante il tempo del racconto, che lo riconducono a tre personaggi
fondamentali.
Si parte dagli
anni di un’infanzia povera trascorsa con la famiglia, soprattutto con la madre,
nella provincia agricola di Valencia negli anni Sessanta, attraverso immagini
che rimandano al soffocante clima del franchismo che permeava ogni settore.
degli ultimi incontri con la madre ormai molto anziana, interpretata da una bravissima Julieta Serrano, è da annoverare tra le pagine più alte del cinema di Almodóvar: la memoria, i rimpianti, il decadimento fisico della donna, i passi incerti rafforzati dal braccio offerto dal figlio, una carezza e una sincerità anche rude nei dialoghi essenziali generano commozione e ci consegnano un momento significativo nella rappresentazione cinematografica dell’amore materno.
Alberto: -
Che fai qua?
Salvador: -
Devo parlare con te! Trentadue anni, tanto ci ho messo a fare pace con questo
film!
Il capitolo
Alberto è quello che tormenta maggiormente Salvador in un percorso di
riconciliazione con un passato e un presente che li accomuna e li allontana. Dopo
lo scontro iniziale e la tragica esperienza dell’eroina, il regista compie un atto
di “risarcimento” nei confronti dell’amico e chiude pacificamente la sua resa
dei conti.
Leonardo Sbaraglia regala al suo Federico, altro
uomo dalla doppia vita e dai ricordi spezzati in due, una soavità redentrice.
La redenzione di Salvador Mallo, alias Pedro Almodóvar, viene celebrata nell’ultima scena, che ne
riprende un’altra già vista: mamma e bimbo aspettano, a lungo, in silenzio,
dolcemente, nella stazione ed ecco che l’inquadratura si allarga e ci rivela
dove approda il cammino emozionale della storia e della vita di Pedro Almodóvar con energia ritrovata: al binomio cinema - vita.
Il Festival cinematografico di Venezia ha annunciato
per il prossimo settembre il premio del Leone d’oro alla carriera al regista
Pedro Almodóvar e noi non possiamo che rallegrarcene.
Splendida recensione di un film che ho perso.
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
EliminaGrazie! Il film è ancora in circolazione.
EliminaEmozionante la recensione e il film
RispondiEliminaLa ringrazio.
EliminaDavvero bella la tua recensione di un film che anch'io ho amato tantissimo e che ha toccato le corde più intime delle mie emozioni.
RispondiEliminaLucrezia
Ti ringrazio, cara Lucrezia.
EliminaAnnalisa, con i tuoi commenti e osservazioni così acuti riesci sempre a colpire nel segno. Bravissima!
RispondiEliminaLa ringrazio tanto.
EliminaRecensione raffinata e profonda che mi riconcilia con Almodovar, andrò a vederlo.
RispondiEliminaNon se ne pentirà.
EliminaAnnalisa, più che una recensione hai scritto un vero e proprio saggio su questo bellissimo film che anche io ho amato molto.
RispondiEliminaBrava!
Leonardo
Grazie, Leonardo!
EliminaAnnalisa, la tua recensione è davvero una perla rara: toccante ma non sdolcinata, acuta e profonda.
RispondiEliminaComplimenti davvero
Cara Daniela, ti ringrazio tanto!
EliminaNon è fra i miei film preferiti, ma convengo con te che Banderas è superlativo e che la tua recensione tocca i punti più salienti del film
RispondiEliminaCV
Grazie.
EliminaBellissima recensione che analizza con intelligenza e sensibilità i personaggi di un film che ho molto amato.
RispondiEliminaCara Stefania, ti ringrazio tanto!
EliminaRecensione accurata ed emozionante di un film che ho talmente amato da definirlo "poetico".
RispondiEliminaAnnalisa hai superato te stessa! Serenella
Serenella cara, sei un tesoro!
EliminaConcordo con Serenella.
RispondiEliminaM
I tuoi saggi sul cinema sono da Morandini!
RispondiEliminaGrande critico cinematografico, un onore!
EliminaHo letto la recensione senza aver visto il film. Mi ha affascinato e ho voluto vederlo. Nel film ho ritrovato, talvolta quasi a fatica, la delicata umanità e le sue interpretazioni che avevo apprezzato nella recensione. Credo che l'insieme di attori bravissimi e di un grande regista sia stato valorizzato ancora di più da questa recensione. Almodovar dovrebbe leggerla...
RispondiEliminaCaro Vittorio, mi hai dato una bellissima idea, grazie!
EliminaGrande acume e profondità, cara Annalisa, in questa recensione che rivela, costruisce, elabora significati, legami, rimandi che a noi spettatori comuni erano di certo sfuggiti. Brava, un lavoro egregio per rimeditare un bel film.
RispondiEliminaRenza carissima, acume e profondità nel tuo commento generoso. Grazie!
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