Di Boris Bertolini
È evidente
che nel caso dei due disegnatori di cui andiamo a parlare, è il secondo quello
che vale.
Questo perché i loro nomi sono così intrinsecamente e
reciprocamente legati da non poterne pronunciare uno senza immediatamente
aggiungervi l’altro.
William Denby
Hanna (Melrose, New Mexico, 1910 - Hollywood, California, 2001), dopo un’iniziale
esperienza presso gli studi Pacific Art
and Title, nel 1930, passa a lavorare con Hugh Harman e Rudolf Ising,
creatori delle serie di cartoni animati Looney
Tunes e Merrie Melodies; quindi,
nel 1938, è assunto presso la sezione animazione della Metro-Goldwyn-Mayer (MGM)[1].
W.D.Hanna |
John R. Barbera (New York City, New York 1911 - Studio
City, California, 2006), di origini siciliane, guadagna i suoi primi soldi da
ragazzo facendo il fattorino di una sartoria. Passa poi a lavorare come
ragioniere e nel 1929 prova a reinventarsi come disegnatore di vignette
umoristiche. Nel 1932 trova impiego presso gli studi Van Beuren Studio come animatore e sceneggiatore, realizzando a
serie quali Cubby Bear e Rainbow Parades. Quando poi, nel 1936, Van Beuren chiude i battenti, entra alla
MGM, dapprima nella sezione fumetti, e poi, l’anno successivo, in quella,
appena formata, dei cartoni animati[2].
J.R. Barbera |
Il sodalizio tra i due è quindi immediato all’interno
della Major, e non si può proprio dire che non parta da subito con il piede
giusto: sono loro, infatti, i creatori di Tom
& Jerry, l’accoppiata gatto/topo più famosa e longeva, in termini di
programmazione, del cinema di animazione.
L’esordio
ufficiale può essere fatto risalire al 1940, con un cortometraggio intitolato Puss Gets the Boot che ottenne un grande
successo di pubblico e di critica, ricevendo addirittura una Nomination all’Academy Award.
Vale la pena ricordare che in quel periodo i film di
animazione, proiettati in sala, servivano come antipasto al film vero e
proprio, che iniziava subito dopo.
Per altri quindici
anni, coordinati da Fred Quinby, Barbera - nei panni di soggettista,
sceneggiatore nonché inventore delle gag e disegnatore degli story-board - e
Hanna - in quelli di regista - creeranno ben duecento episodi con il duo a
quattro zampe come protagonista.
Caratteristica
portante di tutta questa produzione è l’utilizzo e la rivisitazione delle gag
tipiche del cinema muto e delle comiche. In ciascun corto, infatti, tali
situazioni sono portate all’estremo, sia sotto il profilo del ritmo, inteso
come loro successione all’interno di ogni singolo episodio, sia sotto quello
dell’“intensità”, cioè a dire del loro impatto e della loro fisicità: si va dai
baffi strappati alle code bruciate, dagli enormi martelli con cui schiacciarsi
le dita alla quantità industriale di esplosivo utilizzato da entrambi.
Nel 1955
sostituiscono Quimby alla guida della sezione animazione della Major, firmando,
quali direttori, i cartoni animati realizzati nel biennio successivo.
Il 1957 è l’anno della svolta: la MGM chiude la propria
sezione dedicata all’animazione e Hanna e Barbera decidono di mettersi in proprio,
fondando la H-B Enterprises, Inc., in
collaborazione con la Screen Gems,
divisione televisiva della Columbia
Pictures[3].
Già nel dicembre di quell’anno va in onda sulla NBC la loro prima produzione, The Ruff & Reddy Show, i cui protagonisti
Ruff e Reddy - un gatto sveglio e un cane piuttosto ottuso – si trovano alle
prese con avventure di tipo fantascientifico.
Questa serie andò in onda per tre anni il sabato mattina,
ottenendo un discreto successo di audience, dovuto anche al fatto che, di
solito, le puntate, della lunghezza di sette minuti l’una, si chiudevano con il
famoso “To be continued”, obbligando
a vedere l’episodio successivo per conoscere il finale della storia.
Da qui, all’inizio di ciascuna nuova puntata, l’abbondante
uso della “voce narrante”, che serve proprio a fare il riassunto delle puntate
precedenti, escamotage necessario
visto anche il tipo di pubblico cui la serie è indirizzata.
Tale peculiarità divenne però anche un’arma potente nelle
mani della critica. Questa, proprio in considerazione del fatto che il pubblico
era composto da bambini, riteneva dispersivo, e alla lunga poco utile alla
comprensione dell’intera storia, il fatto di dover sempre attendere il nuovo
episodio, in onda la settimana successiva, per capire come andava a finire
quello vecchio.
La serie Ruff and
Reddy fu sospesa nel 1960, per poi essere mandata nuovamente in onda nel
1962 e definitivamente cancellata dalla programmazione nel 1964.
Nel 1958 è la volta di Huckleberry Hound (in Italia Braccobaldo Bau), cane di razza Bloodhound dal pelo blu, dal carattere rilassato e gentile, alle prese con diverse avventure collocate in varie epoche (lo ricordiamo gladiatore nell’Antica Roma o cavaliere medievale), incentrate per lo più sui suoi tentativi di trovare e/o conservare un lavoro o di completare una missione, qualunque essa fosse.
Nelle sue avventure deve
fare i conti con vari antagonisti: Powerful Pierre,
tipaccio muscolato
dall’accento francese; Dinky Dalton, fuorilegge western cui Huckleberry deve
solitamente dare la caccia per poterlo assicurare alla giustizia; Crazy Coyote;
due corvi dalla parlata in stile Mafioso che compaiono, infine, negli episodi
che vedono il nostro nelle vesti di contadino.
Il suo nome
è un chiaro omaggio al personaggio creato da Mark Twain, così come, nella
versione originale in inglese, il suo accento è del Sud.
Si
accennava poco sopra al carattere particolarmente flemmatico di questo
personaggio: in effetti, questo diventa un fattore straniante e di sicuro
impatto umoristico, specialmente nel bel mezzo di scene d’azione assai
concitate, oppure quando si trova a fronteggiare rivali pericolosi e per nulla
inclini a ricambiare le sue gentilezze.
Altre sue
caratteristiche peculiari sono cantare “Oh,
my darling Clementine” in maniera non propriamente filologica e l’uso ripetuto
di una frase/tormentone (che nella versione originale è “And stuff like that there”), che diventa quindi una sorta di biglietto da
visita.
Tuttavia, l’aspetto più importante di Huckleberry, come di molti altri
personaggi creati da Hanna e Barbera, è il suo parlare direttamente agli
spettatori (ricorrendo a quello che, in gergo, si chiama “rompere la quarta parete”), rivolgendo loro battute o domande riguardanti
quanto sta accadendo all’interno dell’episodio.
Questo cartone animato viene trasmesso all’interno di uno show che porta
il suo nome (The
Huckleberry Hound Show), in cui sono presenti anche
gli episodi delle serie Pixie and
Dixie and Mr. Jinks, una sorta di riedizione di Tom & Jerry e Yogi Bear.
L’orso Yogi nasce dunque, nel 1958, come personaggio
“secondario” all’interno di quello show, ma ottiene un così grande e stabile
successo da guadagnarsi, nel 1961, uno show tutto suo (The Yogi Bear Show), mentre il suo posto, all’interno dello show
originale, che intanto proseguiva imperterrito, viene preso da Hokey Wolf.
Il
personaggio di Yogi, come molti di quelli creati da Hanna e Barbera, s’ispira a
una celebrità dell'epoca, in questo caso Art Carney della serie televisiva The Honeymooners. Il nome Yogi Bear fu
invece scelto con riferimento alla stella del baseball Yogi Berra.
Come
Braccobaldo, anche Yogi ha i propri caratteristici manierismi, sia nel modo di
muoversi sia in quello di parlare, inclusi l’uso delle rime e di tipici modi di
dire che non si stanca ma di utilizzare.
Secondo
alcuni critici questi deriverebbero, di rimando in rimando, addirittura dal
vaudeville[4].
Suo territorio di caccia è il parco inventato di
Jellystone - nome già utilizzato da Hanna e Barbera in una serie del 1953,
creata quando ancora lavoravano alla MGM e chiara parodia di Yellowstone - e le
sue prede preferite, nonché uniche, sono i… cestini da pic-nic degli ospiti del
parco stesso.
Socio inseparabile di Yogi è Boo-Boo (in italiano Bubu), più piccolo e timido, rappresentante,
in un certo qual modo, la voce della sua coscienza; egli non perde, infatti,
mai occasione di ricordare a Yogi quali potrebbero essere le conseguenze di
tutti i suoi tentativi, sempre estremamente fantasiosi, di procurarsi i
suddetti cestini; inoltre, mentre questi, che indubbiamente tra i due è il leader, è svampito e involontariamente
spericolato, quegli si distingue per il suo senso pratico.
I protagonisti al completo
(da sinistra: Ranger Smith, Yogi, Cindy e
Bubu)
A Yogi si oppone, o cerca di farlo, il Ranger Smith,
incaricato di mantenere la quiete e l’ordine all’interno del parco.
A completare il gruppo dei personaggi principali c’è Cindy
Bear, fidanzata di Yogi, spesso in disaccordo con i suoi metodi.
Vorrei ora portare la vostra attenzione sul seguente
punto: tutti i protagonisti di questa serie indossano qualcosa attorno al
collo: un colletto, dal quale spunta una cravatta, Yogi; un papillon Bubu, un
vezzoso foulard Cindy. Lo scopo di quest’accessorio non è solamente o
prettamente estetico: a causa di una richiesta di tagliare pesantemente le
spese per l’animazione, Hanna e Barbera escogitarono lo stratagemma di tagliare
le figure in due sezioni, isolando la testa dal resto del corpo. Mentre
quest’ultimo, assolutamente statico, rimaneva praticamente sempre lo stesso, e
poteva quindi essere “riciclato” più volte cambiando lo sfondo perché
risultasse nuovo, la prima finiva con l’essere l’unica parte più o meno da
variare, al fine di adattarla al parlato. Per garantire al personaggio quel
minimo di dinamicità richiesta, poi, si faceva oscillare la testa sul tronco;
ecco allora che il colletto, o gli altri accessori simili, diventava,
graficamente parlando, l’elemento che funzionava da raccordo fra le due parti;
questo permetteva un notevole risparmio di tempo e di risorse impiegate nella
realizzazione delle puntate.
La fortuna di Yogi può essere definita senza ombra di
smentita come di prima grandezza: non solo in quegli anni, ma nei decenni a
seguire, fino ai giorni nostri, il suo nome è sempre stato sulla breccia,
venendo utilizzato anche al di fuori del mondo dell’animazione e trasformandosi
in un brand vincente anche dal punto
di vista del marketing.
Il 1959 è l’anno in cui la H-B Enterprises si trasforma nella Hanna-Barbera Productions e produce un nuovo show (The Quick
Draw McGraw Show), cui segue, nel 1960, una delle serie più famose di tutto
il panorama dell’animazione: The
Flintstones, meglio conosciuti da noi come Gli antenati.
Ambientata in una fantasiosa età preistorica, in cui
dinosauri e cavernicoli convivono più o meno armoniosamente, nasce come una
parodia di una nota sitcom dell’epoca,
dal titolo The Honeymooner (anche se
su questo punto non vi è mai stata concordanza di opinione tra i due
realizzatori)[5], evidentemente fonte inesauribile d’ispirazione per
Hanna e Barbera, poiché era già servita loro come spunto per creare l’orso
Yogi.
La serie The
Flintstones viene trasmessa in prima serata sulle frequenze della ABC dal
30 settembre 1960 al 1 aprile 1966, per un totale di più di 160 puntate.
Protagonisti assoluti sono Fred e Wilma Flintstone:
burbero, irascibile, orgoglioso, non sempre sveglio ma comunque capace di
brillanti intuizioni grazie alle quali riesce a togliersi dai pasticci, lui;
dolce ma determinata, intelligente, innamoratissima del marito, ma non per
questo remissiva nei suoi confronti, lei.
Da notare come anche Fred, al pari di tanti altri
personaggi creati da Hanna e Barbera, sia caratterizzato da un suo preciso
“marchio di fabbrica”: il famoso “YABBA-DABBA-DOO!”.
A fianco dei protagonisti, in senso letterale essendo loro
vicina di casa, troviamo una seconda famiglia, formata da Barney e Betty
Rubble.
Grandi amici dei Flintstone, Barney e Betty fungono da
spalla ideale nelle varie puntate della serie.
Barney infatti, dal punto di vista caratteriale, è il
perfetto completamento di Fred: buontempone, difficilmente di cattivo umore,
amante delle battutine e pieno di risorse, risulta spesso decisivo nella buona
riuscita delle stesse, anche se il più delle volte in maniera involontaria.
Betty, a sua volta, è un’inseparabile amica di Wilma, con
la quale condivide la passione per lo spettegolare e per lo shopping; inoltre,
si rivela essere una sua grande alleata nelle schermaglie dialettiche che
questa ha con Fred.
Le due donne, poi, ricoprono molto spesso un ruolo che potremmo definire da
“coro greco”: esse, infatti, commentano, per lo più con fare sconsolato, quanto
stanno combinando i rispettivi mariti che, come abbiamo detto, agiscono sempre
in coppia.
I Flintstone (a sinistra) e i Rubble (a
destra)
Discorso speciale merita poi il mondo in cui questi
personaggi si trovano a interagire.
Essi, infatti, pur vivendo nell’età della pietra, non si
fanno mancare nessun oggetto tipico dell’era moderna; naturalmente, poiché il
tutto si svolge in un’epoca in cui, nella realtà, la tecnologia semplicemente
non esisteva, il funzionamento di questi oggetti è garantito da soluzioni ad
alto tasso di fantasia e ironia.
Mi
riferisco, per esempio, al modo, semplicemente geniale, in cui sono utilizzati
gli animali (ovviamente tutti rigorosamente preistorici): dall’enorme
pterodattilo che funge da aereo al dinosauro tosaerba, dal mammut/doccia
all’uccello/clacson dell’automobile che, peraltro, utilizza i piedi del
guidatore come sistema di propulsione [6].
Per
completare il quadro, poi, sovente questi stessi animali, sfruttati e stanchi,
si rivolgono direttamente allo spettatore lamentandosi di cosa tocchi loro fare
per vivere.
Un altro aspetto che serve a garantire ironia all’insieme
è la rivisitazione in chiave parodistica di tutti i nomi, rielaborati
inserendovi richiami a termini che gravitano attorno al concetto di pietra e
affini.
Si va dai cognomi stessi dei protagonisti (Flintstone
contiene i termini flint = pietra focaia
e stone = pietra; mentre Rubber vuol
dire calcinaccio) o di altri
personaggi che si rifanno a celebrità dell’epoca (un esempio su tutti: Ann
Margret diventa Ann Margrock), fino ai toponimi, a cominciare da Bedrock, nome
della città ove si svolgono le vicende della serie (rock = roccia).
Poc’anzi ho accennato al fatto che questa serie negli USA
è stata trasmessa in prima serata, cosa praticamente mai avvenuta prima per dei
cartoni animati, fino ad allora considerati solo ed esclusivamente un genere
indirizzato ai bambini e quindi programmato solitamente al mattino del
week-end.
In realtà, Hanna e Barbera si erano già resi conto con Tom & Jerry che un cartone animato
poteva essere visto con interesse anche da un pubblico adulto; ecco quindi che The Flintstones si configura come una
produzione che guarda anche a questo bacino d’utenza.
Molteplici elementi si evidenziano in questo senso, a
cominciare dalla scelta del linguaggio, che riecheggia quello tipico delle
sitcom, dalle quali questo cartone animato ha effettivamente mutuato tempi e
forma narrativa, grazie anche al fatto che parecchi autori di sitcom hanno
prestato la loro opera scrivendo diversi episodi della serie.
La stessa scelta del periodo storico in cui ambientare la
serie non fu così immediata: Hanna e Barbera fecero vari esperimenti prima di
scegliere l’età della pietra[7], convinti, a ragione, che questo
periodo meglio si adattasse alle loro finalità creative e fosse di maggior
gradimento presso la platea dei genitori.
Inoltre, sebbene quasi ogni episodio sia indipendente
rispetto agli altri, non mancano comunque puntate concatenate tra loro da un
unico “plot”: valgano per tutti quelle che raccontano l’arrivo di Pebbles
Flintstone.
Durante un mese circa di programmazione viene seguita
tutta la gravidanza di Wilma, dal momento in cui lei la rivela a Fred fino alla
nascita della tanto amata figlioletta.
È chiaro anche da questo (ricordiamoci sempre che siamo
negli anni ’60!) che la serie non è indirizzata soltanto ai bambini, benché il
tutto venga mostrato in modo lieve e gioioso.
Lo stesso vale per un’altra serie di puntate concatenate tra loro: quelle in cui i Rubbles, a loro volta invece incapaci di procreare (altro tema alquanto spinoso a quell’epoca da trattare in TV, e per di più in un cartone animato), adottano il piccolo Bamm-Bamm.
Un altro aspetto da non trascurare è quello della
pubblicità inserita nei vari episodi: da quella di una nota marca di sigarette
piazzata nei titoli di coda a quella di prodotti alimentari reclamati a gran
voce da Pebbles e decantati da Fred; tutto ciò concorre a far capire che, al di
là del dovuto omaggio ai co-sponsor, il vero target di questi cartoni animati
erano le famiglie al completo.
Infine, last but not least, questo cartone
animato è il primo a mostrare due coniugi (Fred e Wilma, ma anche Barney e
Betty) che dormono assieme nello stesso letto.
Vorrei ora affrontare un’altra peculiarità di questa
produzione: mi sembra innegabile che tutti i personaggi si muovano all’interno
del più classico American way of life,
offrendone una visione ottimistica e positiva, senza il benché minimo accenno a
problematiche sociali e risolvendo sempre qualsiasi inconveniente con una
risata.
Come detto, i protagonisti sono tipici esponenti della working-class americana di inizio anni Sessanta:
operaio specializzato lui, casalinga lei, abitano in una casa che racchiude in
sé tutti gli oggetti simbolo del sogno americano formato famiglia: televisione,
frigorifero, eccetera.
Gli stessi svaghi offerti dalla città di Bedrock sono
quelli tipici di ogni città di provincia degli States: bowling, drive-in, campetto di baseball.
Più in generale, il messaggio che sottende al tutto è che
non solo questo stile di vita è vincente in qualunque luogo ed epoca ci si
trovi, ma è praticamente l’unico che valga veramente la pena di essere seguito.
Anche questo ha una sua spiegazione logica ben precisa: The Flintstones, che dura la bellezza di
sei anni, viene trasmessa in un momento storico ben preciso, che vede gli USA
nel pieno del confronto internazionale e nel quale ogni mezzo viene considerato
lecito per riaffermare la propria egemonia.
Il successo di questa serie è immediato e talmente
duraturo da essere stato battuto solamente di recente da The Simpsons; essa, inoltre, ha rappresentato una pressoché
inesauribile fonte d’introiti anche sul piano del merchandising.
Fa sorridere pensare al fatto che la rivista Variety, il giorno successivo
all’esordio in TV della serie, se ne uscì con una stroncatura! [7]
Hanna e Barbera tenteranno di ripetere il colpaccio nel
1962 con The Jetsons (in Italia
conosciuti come I pronipoti). Questa
volta la trasposizione temporale vede i protagonisti muoversi in un ipotetico
futuro (la data esatta è il 2062, ovverosia cent’anni esatti dalla
realizzazione della serie) radioso, nel quale le macchine rendono la vita degli
esseri umani molto agevole (il protagonista lavora tre ore al giorno, tre
giorni la settimana!) e in cui si possono incontrare anche alieni e bizzarre
creature.
Anche in questa serie, strutturata secondo i collaudati
canoni della sitcom, troviamo alla fin fine gli stessi parametri già discussi a
proposito di The Flintstones:
protagonista è una tipica famiglia americana alle prese con gli usuali problemi
e le solite situazioni.
Il padre, impiegato in un’azienda che produce astronavi,
se la deve vedere con il datore di lavoro, irascibile e sempre pronto a
licenziarlo; la madre, casalinga, deve affrontare le tipiche situazioni che il
suo ruolo comporta, senza contare il fatto che è membro della Galaxy Women Historical Society;
la figlia, adolescente, interessata più ai vestiti e al
proprio diario segreto che allo studio, e il figlioletto infante, semplicemente
un genio.
Qui, però, abbiamo in più un nuovo elemento: una fiducia
smisurata e incondizionata nelle possibilità di progresso offerte dal futuro,
concetto tipico di un’epoca che vedeva dischiudersi orizzonti prima solo
sognati sotto il profilo tecnologico: sono infatti gli anni della corsa allo
spazio, della prima rivoluzione informatica, quando ogni traguardo sembrava a
portata di mano.
La famiglia Jetson
Nonostante la loro somiglianza a The Flintstones, o forse proprio per questo, la serie tuttavia non
ebbe il successo sperato, nonostante fosse stata tutt’altro che un fiasco per
pubblico e critica[8], e venne spostata dapprima al mattino, quindi,
nel 1963, sospesa.
Ebbe tuttavia un ritorno di fiamma negli anni Ottanta,
quando venne recuperata da Hanna e Barbera, i quali produssero una nuova serie
di episodi, questa volta più specificamente indirizzati ai giovani.
Attraverso una serie quasi sterminata di nuove produzioni
e personaggi (ne citiamo solo una: Wacky
Race), si giunge finalmente, nel 1969, a una nuova serie di successo
assoluto: Scooby-Doo, Where Are You!
Tale successo è certificato persino a livello di Guinness
dei Primati (1984), ove la serie, che negli anni ha cambiato nome, ma non
sostanza, è registrata quale cartone animato con il maggior numero di episodi
mai prodotto.
In realtà, la sua nascita non fu affatto facile: a seguito
delle proteste di vari “gruppi di ascolto” di genitori, che si lamentavano per
l’eccessiva violenza presente nei cartoni animati in onda nella seconda metà
degli anni Sessanta, Hanna e Barbera furono invitati a creare qualcosa che
fosse più tranquillo da questo punto di vista.
I due, su suggerimento di Fred Silverman, all’epoca
responsabile della programmazione per bambini della CBS, idearono così una
serie incentrata su una “Rock Band” che, nei tempi morti tra un concerto e
l’altro, si divertiva a risolvere misteri a base di fantasmi, zombie e altro
ancora.
Il primo tentativo tuttavia non sortì effetto: la serie,
che dopo vari rimaneggiamenti vide la band scendere da sei a cinque componenti
(incluso il cane, che già allora era di razza danese), non piacque ai capi
della CBS: troppo tetra per un pubblico di bambini, rischiava di finire
impallinata dagli stessi gruppi di controllo di cui sopra.
Si decise quindi di rimettere ancora una volta mano alla
struttura della serie: fu abbandonata l’idea del gruppo musicale, mentre si
decise che le avventure sarebbero state decisamente più scanzonate.
La Mistery Inc. in azione nel primo episodio in assoluto della serie
(What a night for a Knight! - 1969)
|
Così rivisitata, la serie ottenne il via libera dalla CBS
e poté finalmente essere messa in onda il 13 settembre 1969.
Essa rimase nel palinsesto della CBS fino al 1976, quando
migrò alla ABC, ove rimase in programma fino al 1986.
Dopo una breve pausa, nel 1988 la stessa ABC presentò uno
spin-off (tecnicamente, una nuova serie ricavata da quella principale, avente
per protagonisti solo alcuni dei personaggi della serie-madre) che durò fino al
1991.
Seguirono quindi nuove edizioni, l’ultima delle quali è
del 2010, trasmesse a fianco di quelle storiche, che, nonostante i vari cambi
di emittente, ebbero sempre lo stesso risultato: un altissimo gradimento, un
indistruttibile zoccolo duro di fan e un’incredibile messe di premi e
riconoscimenti[9-12].
Questo, come e ancor più di altre serie, ha permesso di
costruire attorno ai personaggi della serie un merchandising di tutto rispetto, ancor oggi fiorentissimo.
La struttura degli episodi è abbastanza lineare: i
protagonisti (Fred Jones, capo del
gruppo, bello e intelligente ma allo stesso tempo con i piedi per terra e
determinato; Norville “Shaggy” Roger,
simpatico fifone, spalla ideale di Scooby-Doo, il cane parlante, con il quale
condivide l’appetito insaziabile e interminabili fughe al minimo stormir di
fronde; Daphne Blake, dalla presenza
scenica che non guasta mai e sovente vittima del “mostro” cui stanno dando la
caccia; Velma Dinkley,
l’intellettuale del gruppo), a bordo della “Mystery
Machine”, arrivano sul luogo infestato da fantasmi, o altre presenze
misteriose, che terrorizzano gli abitanti dello stesso.
Iniziano quindi le indagini, spesso condotte in modo
apparentemente caotico e sconclusionato; tuttavia, dando ciascuno il proprio
contributo, in maniera più o meno consapevole, e mettendo pazientemente e
sapientemente assieme tutte le tessere del puzzle, i ragazzi riescono sempre a
smascherare il colpevole e a risolvere l’enigma che, come già accennato, non è
mai di origine soprannaturale bensì opera di un qualche malfattore.
Questo avviene solitamente nella penultima scena
dell’episodio, quando essi rivelano al pubblico come sono riusciti, analizzando
le prove raccolte, a risalire al vero responsabile; il quale, regolarmente,
mentre viene condotto in prigione, maledice il momento in cui si è trovato la “Mystery Inc.” a intralciargli il passo.
Ancora una volta Hanna e Barbera e il loro staff s’ispirarono
a una sitcom d’inizio anni Sessanta
(nonché a un programma radiofonico degli anni Quaranta), per la definizione dei
personaggi, sia dal punto di vista fisico, sia da quello caratteriale[13].
A loro volta, Scooby-Doo e i suoi soci furono fonte d’ispirazione
per diverse serie, alcune prodotte dagli stessi Hanna e Barbera, incentrate su
ragazzi intenti a risolvere misteri alla fin fine poi non così tanto
misteriosi.
Va infine ricordato che, all’interno di molti episodi,
fecero la loro apparizione, nelle vesti di special
guest molti personaggi famosi, non solo di altre serie di animazione, ma
anche reali (uno su tutti: gli Harlem Globetrotters)
Il successo della serie sta nell’indovinato mix di
caratteri e situazioni: da Scooby-Doo e Shaggy - più intenti a dare la caccia a
tramezzini vari piuttosto che ai fantasmi e a darsela a gambe più che a
indagare, anche se poi risultano essere decisivi nella risoluzione dei misteri
- a Fred - fissato con le trappole, nelle quali spessissimo finiscono
Scooby-Doo e Shaggy; da Velma - che con la sua aria da bruttina/topo di
biblioteca ispira comunque simpatia e fiducia - a Daphne - incline a essere
rapita dal mostro di turno, giusto per incrementare il livello di suspense
dell’episodio.
A questo proposito è interessante notare come quest’ultima
sia l’unico personaggio ad andare incontro a una vera e propria evoluzione nel
corso degli anni: nelle edizioni prodotte tra il 1990 e il 2000 perde, infatti,
quest’aura da vittima designata, trasformandosi in abile karateka capace di difendersi.
Nel 1979, nel tentativo di incrementare ulteriormente il
gradimento e anche per immettere nuova linfa nella serie, fa la sua comparsa il
personaggio di Scrappy-Doo, nipote di Scooby-Doo.
Questo nuovo personaggio, un cucciolo di danese, è
caratterizzato dal fatto di essere fin troppo coraggioso e spavaldo, al limite
dell’incoscienza, finendo pertanto regolarmente nei guai.
Come lo zio, anche Scrappy-Doo è dotato dei suoi bravi
tormentoni, che pronuncia sempre nei momenti topici dell’azione.
Il successo di questo nuovo personaggio fu tale da
convincere Hanna e Barbera a creare una nuova serie, appositamente riservata a
lui, allo zio Scooby e all’inseparabile Shaggy; addirittura, da questa serie
sono stati eliminati gli altri menbri della “Mystery Inc.”.
Per finire, come accaduto anche a Fred Flintstone e soci,
anche i protagonisti di questa serie sono stati trasportati sul grande schermo,
interpretati da attori in carne e ossa (tranne Scooby-Doo, creato on-screen mediante effetti speciali
generati dal computer).
Anche in questo caso, grande successo di pubblico e d’incassi,
a testimoniare quanto il pubblico sia tuttora affezionato a questi personaggi.
Vorrei ora spendere alcune parole a proposito di una serie
del 1971, considerata, a mio avviso a torto, come una serie minore: si tratta
di Help! ... It's the Hair Bear Bunch!,
da noi conosciuta come Napo orso capo.
In questa serie, realizzata nel 1971 e composta da soli
sedici episodi, i protagonisti sono tre orsi, Hair Bear, Bubi Bear e Square
Bear (in Italia: Napo, Cico e Babà).
Hair Bear, Bubi Bear e Square Bear alle
prese con
Mr. Eustace P. Peevly e Lionel J. Botch
Mr. Eustace P. Peevly e Lionel J. Botch
A loro si oppongono il direttore dello zoo, Mr. Eustace P.
Peevly (Sig. Otto) e il suo imbranatissimo assistente Lionel J. Botch
(Assistente McKallock), i quali sono a loro volta alle dipendenze del
Sovrintendente.
I tre orsi protagonisti vivono nella Cave Block 9, una caverna dotata di ogni comfort che essi fanno
apparire e scomparire alla bisogna, situata all’interno dello zoo di Wonderland,
e sono perennemente alla ricerca di un modo facile, rapido e non faticoso per
fuggire o, quanto meno, di un sistema altrettanto facile per godersi una
nottata di bagordi.
Nei loro tentativi, ovviamente sempre votati al
fallimento, vengono di volta in volta aiutati dagli altri animali presenti
nello zoo; da parte loro, Peevly e Botch, oltre a tentare di fermare i tre,
sono impegnatissimi a ingraziarsi il Sovrintendente, che li tiene costantemente
sotto la spada di Damocle del licenziamento.
A prima vista, dunque, questa sembrerebbe una serie come
se ne sono viste tante altre, tutta giocata sul solito dualismo animale che
tentano la fuga contro umani che provano a impedirgliela.
Ciò che rende invece questa serie veramente speciale è il
modo in cui sono tratteggiati i personaggi: Hair Bear è dotato di capigliatura Afro-Beat; tutti e tre sono vestiti in
stile Hippie; il loro rapporto con
l’autorità costituita sembra essere “contro” a prescindere.
Inoltre hanno un ulteriore elemento che li
contraddistingue: se facciamo un confronto con un altro cartone animato di
Hanna e Barbera i cui protagonisti sono orsi e Ranger (mi riferisco ovviamente
a Yogi), vediamo che mentre in questo l’oggetto del contendere sono alla fin
fine dei banalissimi cestini, in Help!
...It's the Hair Bear Bunch” la posta in palio è addirittura la libertà, la
necessità di evadere dalla gabbia, dorata ma pur sempre gabbia, in cui i tre
orsi sono rinchiusi.
Questo tema è sicuramente figlio dell’epoca che l’America
stava vivendo, nel post ’68 e nel pieno della guerra del Vietnam.
Non sorprende dunque che, presso certi circoli, questo
cartone fosse stato accusato di essere un’esaltazione di comportamenti asociali
e addirittura un incitamento all’uso di sostanze psicotrope, vedendo nella moto
invisibile dei tre, in realtà una pura e semplice concessione all’ironia non-sense, un’allegoria delle
allucinazioni psichedeliche.
La produzione di Hanna e Barbera, come casa indipendente,
continua fino alla metà degli anni Ottanta, quando viene acquisita dalla TAFT Entertainment.
Questo perché, nonostante si fosse convertita anch’essa
all’utilizzo del digitale e avesse iniziato una massiccia operazione di
esternalizzazione della parte più manuale della produzione, la Hanna-Barbera Productions, aveva
sperimentato una perdita parziale della sua posizione dominante nel panorama
dell’animazione destinata alla televisione.
Successivamente, nel 1991, il marchio viene ceduto alla Turner, la quale lancia il canale TV Cartoon Network; grazie a questo, tutta
la produzione di Hanna e Barbera viene a essere mostrata a una nuova platea di
spettatori.
Dalla metà degli anni Novanta nasce tutta una nuova gamma
di serie che vedono la Hanna-Barbera
Cartoons, Inc., come ora si chiama, nelle vesti di produttrice o
co-produttrice.
Nel 1996 la Turner
si fonderà con la Time Warner e la Hanna-Barbera Cartoons, Inc. finirà per
essere assorbita, strano scherzo del destino, dalla casa di produzione
concorrente di quella per la quale i due nostri protagonisti avevano iniziato a
lavorare sessant’anni prima.
William Hanna morirà poi nel 2001, mentre Joseph Barbera
ci lascerà cinque anni dopo.
Si può dire, senz'ombra di dubbio, che con loro scompare
un modo di fare animazione, intrattenimento e televisione che ha decisamente
segnato un’epoca nonché l’infanzia di molti di noi.
REFERENZE
[1] Biografia di W.D. Hanna.
www.biography.com/people/william-hanna-246038.
[2] Biografia di J.R. Barbera.
www.biography.com/people/joseph-barbera-251031.
[3] Hanna, William and Ito, Tom (1999). A Cast of Friends. New York: Da
Capo Press. 0306-80917-6. Pag. 81–83
[4]
Anthony, Breznican. "Yogi Bear gets a digital makeover." USA Today
[5]
http://www.topthat.net/webrock/faq/faq13.htm.
[6]
http://www.telegraph.co.uk/culture/tvandradio/8034759
[7] Leonard
Moltan interviews Joseph Barbera, 1997
[8] http://www.time.com/time/magazine/article/0,9171,827481,00.html
[9] http://www.imdb.com/title/tt0306274/awards
[10]
50 Greatest Cartoon Characters of All Time". TV Guide.
[11]
"21, 2003&arch=y Animal Planet Picks Top 50 TV Animals".
[12]
"The 100 Greatest Cartoons of All Time". Channel4.com.
[13]
Evanier, Mark. (July 10, 2002). Post on "News from
Me" blog for Povonline.com. Retrieved on March 27, 2006.
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