di Milena Boldi
E' da poco passata la mezzanotte di una
notte buia, senza luna.
Paolo guarda sotto di sé l’acqua che scorre
quieta seguendo il percorso che conosce da sempre.
Pensieri cupi come la notte affollano la
sua mente.
Sul
ponte passa rombando un’automobile, corre veloce e gli schizza dell’acqua sui
pantaloni. Ha smesso di piovere da poco e la strada è piena di pozzanghere. Si
toglie l’acqua con la mano in un gesto quasi meccanico. Non gli importa nulla,
da alcuni giorni porta lo stesso paio di jeans, un maglione e una giacca
sportiva che, al mattino, indossa senza impegnarsi a scegliere.
Torna
il silenzio, rotto solo dal leggero rumore dell’acqua che si increspa quando
passa accanto ai piloni, lambendoli.
Lungo
gli argini del fiume s'intravedono i salici piangenti e, poco più sopra, alcune
case sparse, addormentate, che gli trasmettono un senso di pace che lui non
trova più.
Adesso
le sue gambe penzolano nel vuoto, seduto com’é sul parapetto del ponte.
E’
trascorsa un’ora, forse due, non sa da quanto tempo è lì.
E’
autunno inoltrato, ma la temperatura è ancora mite, tranne per una leggera
percezione di umidità che sente penetrare nelle ossa.
Accende
una sigaretta, aspirandone avidamente il fumo e sente in bocca un sapore acre.
E’ consapevole di aver fumato troppo, è già al secondo pacchetto, ma questo
gesto sembra concedergli un momentaneo sollievo.
Il
pensiero è fisso a quando, circa un anno fa, ha scoperto che sua moglie lo
tradiva.
Aveva
sperato, calpestando orgoglio e dignità, che potesse trattarsi di un fuoco di
paglia, di una storia di poca importanza e che in breve tempo tutto tornasse
come prima, ma si sbagliava.
Ancora
adesso, quando ci pensa, sente una fitta allo stomaco e gli occhi pungono per
le lacrime a stento trattenute.
Ma
questa sera é rilassato, prima di venire qui ha bevuto due whisky e adesso le
lacrime cominciano a scendere e piange, finalmente, come non gli succedeva più
da quando era bambino.
Piange
a lungo.
E’
pervaso dai sensi di colpa. E’ stato davvero lui la causa del disastro? Ha
ragione lei quando dice che l’ha trascurata a causa del suo lavoro? Non ha
saputo prestare la giusta attenzione ai
figli? E perché non parlargliene allora, quando ancora forse si sarebbe
potuto salvare il matrimonio?
Il
dolore è insopportabile e non trova risposte che riescano ad alleviare la sua
pena.
Si
saranno fatte le tre, forse le quattro, non ha con sé l’orologio.
Il
pensiero torna al modo in cui ha scoperto l’inganno: un biglietto dimenticato
accanto alla lavatrice e che non lasciava adito a dubbi, un colpo tremendo, una
cosa del tutto inaspettata. Forse era stato un po’ distratto, se non aveva mai
notato prima i segni del cambiamento. Sì, perché dallo scritto si poteva
dedurre chiaramente che la storia andava avanti già da qualche tempo.
Aveva
affrontato sua moglie la sera stessa, al rientro dal lavoro, dopo aver
trascorso una giornata tormentata, in cui aveva faticato a concentrarsi su
quello che doveva fare.
In
linea con il suo carattere irruento, non aveva saputo aspettare oltre.
Lei
dapprima aveva tentato di negare, poi era crollata.
Aveva
pianto, si era disperata, ma dalle sue parole emergeva chiaramente l’intenzione
di non voler rinunciare a quella storia.
Lui
aveva proposto di riprovarci, di non buttar via vent’anni di vita insieme e lei
aveva accettato, pensando anche ai figli, ma da quel giorno avevano vissuto
l’inferno. Si capiva che lei era lontana da lì, che la sua mente era altrove.
Quando lei era fuori casa o tardava a rientrare, il sospetto s’insinuava nella
sua mente, provocandogli una sofferenza indicibile.
I
bambini avvertivano il nervosismo che regnava in casa e avevano perso la
consueta serenità. Non comprendendo cosa stesse succedendo, facevano in
continuazione domande alle quali loro non sempre erano in grado di rispondere.
Una
sera lui e la moglie litigarono così violentemente che i bambini caddero in un
pianto disperato, dal quale fu difficile risollevarli. Quella notte Chiara si
svegliò urlando, probabilmente vittima di un incubo e Marco, per solidarietà
con la sorella o assalito dal panico per essere stato strappato al sonno in
maniera così brusca, aveva ricominciato a piangere a dirotto. Ci volle del
bello e del buono per riuscire a calmarli ancora una volta.
Dopo
circa sei mesi di quella che non si poteva più chiamare vita e avendo compreso
che era troppo tardi per recuperare, era stato lui a proporre di separarsi e,
con suo grande dispiacere, dovette constatare che lei aveva accolto la
decisione quasi con sollievo.
Con
gesto nervoso preme le mani sul parapetto del ponte avvertendone il freddo, la
ruvidità e questo contatto lo riporta di colpo alla realtà. Pensa a quello che
lo aspetta oggi e gli sembra di non avere la forza per affrontarlo.
Torna
a fissare l’acqua, come incantato e un brivido gli percorre la schiena.
Quando
rialza lo sguardo nota un leggero chiarore che inizia a farsi spazio tra il
buio, all’orizzonte. E’ l’annuncio dell’alba.
Passa
un’automobile sfrecciando e poco dopo un’altra.
Il
chiarore si fa, mano a mano, più intenso e insieme a lui arriva il cinguettio
degli uccelli che non riesce a vedere, ma sente distintamente.
Un’altra
giornata sta per cominciare, con la sua banale normalità ... per tanti.
Comprende
in un istante di aver aspettato troppo: non troverà più il coraggio di fare
quello che non ha saputo portare a termine con la complicità delle tenebre, che
annullano i contorni delle cose e ovattano i sensi, quasi anestetizzandoli.
Scende dal parapetto e con le membra
indolenzite dalla prolungata immobilità e dal freddo, stringendosi il bavero
della giacca intorno al collo, si avvia senza fretta per le strade a lui note.
Intorno
il traffico sta riprendendo regolarmente e nota che alcuni passanti lo
osservano incuriositi, poi distolgono subito lo sguardo. Forse hanno letto sul
suo viso i segni di un’enorme stanchezza e di una profonda disperazione.
Alle
undici deve essere in tribunale per definire la separazione da sua moglie.
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