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giovedì 29 maggio 2014

Franca Rame: una donna speciale

di Annalisa Petrella


Il ricordo di Franca Rame, che  ci ha lasciato il 29 maggio di un anno fa, è così vivo e palpabile, che, al solo nominarla,  pare di sentire  la sua voce  roca e  sensuale che recita i monologhi, oppure appare  nitida la sua immagine sorridente con gli occhialoni, la sciarpa di seta e gli immancabili orecchini di corallo mentre ironizza con Dario sulle curiose vicende della vita che li ha fatti incontrare e amare per sempre. Bellezza, vis comica, energia, amore per il teatro, per Dario e Jacopo, impegno civile, coraggio, coerenza e determinazione: queste soltanto alcune delle qualità che immediatamente si associano a Franca. 




La Commedia dell’Arte - Non v’è dubbio che la sua infanzia così atipica e stimolante abbia contribuito fortemente a forgiare la sua personalità: figlia d’arte si è trovata a recitare per la prima volta sul palcoscenico a otto giorni, tra le braccia della madre, nella compagnia teatrale Rame, dove tutti i componenti della famiglia portavano avanti la tradizione della Commedia dell’arte. I Rame, varesotti, provenivano dal teatro delle marionette e dei burattini ma, con l’avvento del cinema, avevano cambiato genere e si erano dedicati al teatro di persona, portando sulle piazze dei paesi della Lombardia autori classici come Shakespeare o D’Annunzio adattati a un pubblico semplice di contadini, casalinghe e bottegai. Il repertorio si ampliava in continuazione mettendo in scena nei periodi delle feste sacre la passione di Gesù o la sua nascita per il Natale, oppure venivano raccolte le storie popolari dei paesi dove si esibivano e, una volta elaborate erano trasformate in canovacci che la compagnia recitava a soggetto. Una storia magica da film in bianco e nero: la corriera soprannominata “la Balorda”, perché si fermava spesso e volentieri, era carica di teatranti, Franca compresa, fondali, mobili e oggetti di scena e costumi, e ogni sera si muoveva da Varese verso i paesi vicini dove si montava la scenografia, per lo più nei teatri degli oratori, si faceva lo spettacolo e a notte inoltrata si tornava a casa. La recita a soggetto, senza copione, richiedeva una conoscenza approfondita della storia che veniva raccontata dal capocomico, il padre di Franca, a tutta la compagnia riunita che prendeva appunti, quindi si preparava una scaletta degli avvenimenti, la si appendeva dietro le quinte, e venivano assegnate le parti a seconda dell’età. E poi in scena. Questa la scuola di teatro e di vita che hanno formato la giovane Franca fino al dopoguerra.
Rivista, cinema e teatro e la coppia Fo-Rame 
Negli anni Cinquanta, trasferitasi a Milano, la Rame, bionda, alta, di una bellezza strepitosa, trova lavoro nelle compagnie di rivista, poi recita parti minori in alcune importanti compagnie teatrali e conosce Dario Fo. 
L’amore per Dario confluisce presto in un matrimonio solidissimo, da cui nasce il figlio Jacopo, e in un sodalizio artistico felice e indissolubile.


Locandina "Lo Svitato"
Lavorano a teatro fianco a fianco e nel 1956 a Roma, per la regia di Lizzani, recitano insieme nel film “Lo svitato”, una commedia clownesca nello stile di Jacques Tati. Franca non ama il cinema, gira altri film, ma si annoia per gli infiniti tempi morti, lei è un animale da palcoscenico, il luogo dove, ogni sera, tutto vibra in modo diverso e il pubblico è lì davanti in un’empatia palpabile.
La coppia ritorna a Milano e nel 1958 fonda la prima compagnia Fo-Rame che debutta con quattro atti unici scritti da Fo, segue poi una serie di sette commedie che riscuotono un successo clamoroso nei teatri più importanti della città, anche se contemporaneamente cominciano i problemi con la censura. Il genio e l’abilità di Fo si rivelano in tutte le loro sfaccettature e lui diventa il protagonista delle performance teatrali della coppia.

La televisione -  Nel 1962 la televisione li invita a presentare Canzonissima, le trasmissioni avrebbero dovuto essere dodici, ma già dopo la prima erano sorti i problemi con la censura: erano gli anni della
democrazia cristiana al governo, i controlli della destra si estendevano su tutto e per ogni puntata nasceva una nuova trattativa sui pezzi da tagliare e/o ammorbidire. Alla vigilia dell’ottava puntata la coppia non accetta di cancellare lo sketch “L’incidente sul lavoro” e si arriva alla rottura definitiva, Dario Fo e Franca Rame lasciano la televisione. Il pubblico italiano aveva avuto modo di vedere e apprezzare un nuovo modo di fare televisione, per la prima volta erano comparsi in chiave ironica, in uno spettacolo d’intrattenimento, i problemi economici, politici e sociali del tempo.

Il teatro alternativo: Cooperativa Nuova Scena e La Comune - Nel 1968 la coppia decide di lasciare il circuito dei teatri tradizionali per dedicarsi a un circuito alternativo, andando a recitare nelle case del popolo testi che innescano la possibilità di un dialogo con il pubblico. Nasce la Cooperativa Nuova Scena
che porta la compagnia in giro per le piazze di tutt’Italia nei circoli ARCI, allora vicini al PCI. Purtroppo le speranze di arginare la censura vanno deluse perché quando i testi, sempre a sfondo ironico, criticano apertamente la linea ufficiale del partito e la censura interna al partito ritorna alla carica. Era considerato inaccettabile, da parte dell’establishment partitico, che il teatro diventasse un foro di discussione con il pubblico sui misfatti politici e sociali. 
Dopo la rottura con la cooperativa viene fondata “La Comune”, siamo nel 1970, in piena contestazione, e gli spettacoli a sfondo politico diventano sempre di più un luogo di aggregazione, confronto e dialogo con il pubblico. Fino al ‘75 quando, nella palazzina Liberty di Milano, Franca e Dario si esibiscono in un clima culturale e politico a filo diretto con i consigli di fabbrica, gli studenti e il mondo della cultura più aperta o dissidente dal sistema.  Sono gli anni del terrorismo e Franca, che nel 1972 ha fondato “Soccorso rosso”, per tutelare i prigionieri politici e garantire loro il rispetto di una legalità spesso disattesa nelle carceri, è vittima di un’esperienza spaventosa: il 9 marzo del 1973 mentre torna a casa viene affiancata da un furgone, sequestrata, aggredita, picchiata e stuprata ripetutamente da cinque esponenti dell’eversione nera e poi finalmente scaricata vicino al Castello Sforzesco.
L’orrore di quella violenza s'imprime indelebilmente nell’intimo: corpo, anima, memoria, paura, impotenza, sopraffazione, oscenità, dolore, disgusto, rabbia, uomo, donna, una valanga di fango rischia di farla soffocare per sempre. Franca trova il coraggio di denunciare l’assalto neofascista, ma inizialmente omette lo stupro 
subito, non riesce a parlarne nemmeno a Dario, poi nel ’75 trova il coraggio di affrontare la brutalità vissuta e, di getto, scrive un atto unico intitolato “Lo stupro”. Nel ’78 lo mette in scena nel teatro di Lucca per la prima volta e da allora l'ha ripetuto centinaia di volte, ma soltanto nel 1987, durante la sua partecipazione a Fantastico, la trasmissione televisiva settimanale più seguita, condotta da Adriano Celentano, Franca rivela al pubblico che l’esperienza dello stupro recitato in realtà era stata vissuta da lei in prima persona. Il figlio Jacopo, legatissimo alla madre, le dice: - Mamma, sei andata in analisi davanti a migliaia di   persone! -   
E’ difficile considerare Franca Rame indipendentemente da Dario Fo, Dario, lo sappiamo, prevale in tutto, nella scrittura dei testi e sulla scena, lui è il genio, il creativo, il protagonista, il premio Nobel e Franca condivide ogni attimo di questo suo primato, senza pretese o ambizioni, lo ama e gli riconosce l’eccezionalità del personaggio. Ma va ricordato che i testi sono frutto di un lavoro a quattro mani, è lei che corregge, inserisce didascalie e modifiche, archivia, e organizza le idee che scaturiscono da un confronto quotidiano, è lei che si occupa della parte pratica, dei contatti con teatri, autori, editori, è lei che sostiene e rafforza l’impalcatura della coppia artistica Fo-Rame, ponendo al centro sempre l’opera teatrale e la sua rappresentazione. Il suo ruolo di moglie di Dario Fo spesso ha messo in secondo piano le sue molteplici qualità e il grosso contributo dato alla buona riuscita degli spettacoli. 

I monologhi: Tutta casa, letto e chiesa

Soltanto nei monologhi appare in tutta la sua pienezza la capacità interpretativa di questa grande attrice. Lo spettacolo “Tutta casa, letto e chiesa” è un esempio luminoso di come sia possibile reggere per due ore e mezzo la scena, da sola, interpretando differenti personaggi femminili descritti, con grande ironia, nelle profonde frustrazioni emblematiche di una realtà ostile alla donna.
Lo spettacolo comprende nove monologhi che vengono rappresentati in diversi abbinamenti e solitamente sono suddivisi in due serie per serata. La struttura del monologo si basa sulla voce, la mimica e la gestualità del personaggio che racconta la propria storia a se stessa o a un personaggio immaginario fuori scena. Franca interpreta nove donne che, ben lontane dalla causa femminista, rispecchiano la tradizione di una femminilità sottomessa e acquiescente rispetto alla volontà del maschio. Il tono della narrazione alterna, a seconda dei brani, registri tragici, comici o addirittura grotteschi. 
I nove monologhi: Il risveglio. Una donna sola. La mamma fricchettona. Medea. Monologo della puttana in manicomio. Accadde domani. Io, Ulrike, grido. Alice nel paese senza meraviglie. Lo stupro.
I primi due, che usualmente aprono lo spettacolo, sono quelli dai toni più farseschi per le situazioni comiche che vanno a presentare. “Il risveglio” narra la prima mezz’ora frenetica della giornata di una madre operaia che ogni giorno, svegliandosi prestissimo, affronta da sola l’arduo compito, prima del lavoro, di preparare il bambino che deve uscire con lei e di organizzare la giornata e l’uscita di casa. Lo stravolgimento dettato dalla fatica e dalla routine non le permettono di rendersi conto che è domenica, il marito russa beatamente, e lei, in preda alla frenesia quotidiana per arrivare a tutto, quando finalmente rientra in sé, si butta sul letto sfinita per godere di un momento di pausa.
 “Una donna sola” presenta una casalinga in negligé dedita ai lavori di casa. Si tratta di una pièce veramente esilarante, una delle più divertenti: Franca interpreta con la sua voce roca il personaggio di una donna totalmente sottomessa a un marito padrone che la chiude a chiave in casa, la controlla, la usa a letto a suo piacimento e la costringe a sopportare la convivenza con un cognato storpio e ossessionato dal sesso. La donna parla della sua vita con un’immaginaria dirimpettaia, le sciorina la profusione di elettrodomestici che il marito le regala per governare meglio la casa, risponde alle telefonate di un maniaco sessuale che non le dà tregua, si occupa del bambino piccolo senza sosta, ricorda gli unici momenti piacevoli di sesso vissuti con un giovane che l’aveva amata davvero e, man mano che le situazioni si accavallano, per giungere a un quadro sempre più farsesco e allucinato, il grottesco prende il sopravvento, la donna imbraccia il fucile e decide di zittire una volta per tutte questa schiera di uomini che non le dà pace. 
Altrettanto farsesco e, a tratti, surreale, il monologo della mamma fricchettona, casalinga integrata nel ruolo familiare, che, per trovare il figlio fuggito di casa, scappa a sua volta, si traveste da mendicante, vive una vita nuova ai margini della società, vaga per le strade e scopre una libertà, mai provata in famiglia, che le è totalmente estranea e che la attrae sempre di più al punto che quando il figlio ricompare perfettamente reintegrato nei ranghi della normalità, lei rifiuta di ritornare a casa e viene arrestata dai carabinieri. 
In alcuni monologhi si affronta il tema dell’insoddisfazione femminile con toni e riferimenti più allegorici e meno comici, come in “Alice nel paese delle meraviglie”.
Con “Medea” il tono è doloroso: Franca presenta un ritratto di donna e di madre con una profondità tale che riesce a trasmettere al pubblico una commozione intensa di fronte alla tragedia dai richiami classici. 
I temi trattati nei monologhi ruotano tutti intorno alle problematiche femminili: il matrimonio, il sesso, il tradimento, la maternità, la sottomissione, la violenza, il silenzio, la fuga, la morte. Le storie più semplici narrano una quotidianità frustrante che segna sempre più profondamente il discrimine tra oppressore e vittima, l’uomo e la donna, e genera esclusivamente sofferenza e depressione. Negli schemi sociali tradizionali il rapporto uomo-donna, privato di valori e sentimenti, viene svilito e restano personaggi maschili vuoti e arroganti portatori di violenza e repressione mentre i personaggi femminili o soccombono o, faticosamente, tentano vie di fuga per affermare una propria autonomia. Ma l’infelicità regna sovrana. 
 “Lo stupro”, di cui si è parlato sopra, è la prova d’attrice più alta che Franca abbia potuto dare: nel silenzio agghiacciante una donna vive in diretta e racconta la violenza che sta subendo. E’ sola sulla scena, semisdraiata su una sedia posta al centro del palco, il tono della voce, gli scarsi gesti, le pause, il movimento degli occhi esprimono ansia, terrore, incredulità, dolore e tutta l’umiliazione di una donna annientata dalla brutalità maschile del branco. Il finale poi acuisce la sensibilità dello spettatore che insieme con Franca si sente sconfitto, vinto, impotente, privo di forze e sfiduciato di fronte a una giustizia carente: - Li denuncerò domani!
Franca Rame, instancabile fino agli ultimi giorni della sua vita, ha continuato a scrivere, a recitare, a dialogare con la gente, a impegnarsi nel sociale e in politica - è stata eletta senatrice della Repubblica per l’Italia dei Valori tra il 2006 e il 2008, ma poi ha rinunciato al seggio per la delusione e la consapevolezza di non riuscire a realizzare il programma politico in cui credeva.  
Io credo che Franca Rame, bella, brava, combattiva, generosa, ci abbia lasciato in eredità un importante patrimonio etico, civile e artistico e che abbia contribuito negli anni della lotta femminista a sostenere la volontà di emancipazione delle donne, denunciando senza remore e con sagace ironia, tutti i difetti di una società conflittuale in cambiamento. Le sue narrazioni lasciano una traccia indelebile che va ben oltre gli sberleffi rivolti a un’umanità disastrata: bisogna credere e lottare per il confronto alla pari, il dialogo, il rispetto e l’amore profondo tra uomo e donna per renderli possibili. Lei ne è stata l’esempio più rappresentativo.   


19 commenti:

  1. bello, ricco di spunti e di informazioni, partecipato, emozionante. Da non perdere

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  2. Bello, completo, commovente.
    Giulio

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    1. Grazie, Giulio, dell'apprezzamento.
      Annalisa

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  3. Si capisce da come l'hai scritto che Franca Rame era un personaggio che ti stava a cuore, e ti sta ancora a cuore. Una grande figura sul palcoscenico italiano.
    Elisa

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    1. E' verissimo, l'apprezzo molto come donna e come attrice. Grazie.
      Annalisa

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  4. Preciso, emozionante e coinvolgente. Un bellissimo ritratto di una donna eccezionale.
    Ludmilla

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  5. Franca Rame ha lasciato qualcosa di indelebile in noi donne....l'orgoglio di essere tali!!!
    Lucrezia

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  6. Ti ringrazio, cara Lucrezia. Annalisa

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  7. Franca e Dario indimenticabili

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  8. Un uomo eccezionale anche per una donna eccezionale! Mary

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  9. Grazie per il ricordo in un giorno di lutto. Lorenza

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  10. Rileggo e ricordo una coppia unica

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