giovedì 24 ottobre 2024

IL CANTO DEL PRINCIPE Storia di un albero, di Marco Albino FERRARI

 (a cura di Mimma Zuffi)

Ponte alle Grazie - pagg.112 - €13,00


Una storia esemplare, romantica, ecologica. La storia di una rinascita.


Dalla pianticella risparmiata dai caprioli, allo schianto del gigante, e infine ai violini. Anche nel bosco, più che in ogni altro luogo, vita e morte si aggrovigliano intimamente.

«La magia di un albero che muore e risorge, dal fruscio delle foglie al suono d’un violino. Un incanto». Corrado Augias



Lo avvistavi a chilometri, perché quell’inconfondibile chioma policormica – ovvero composta da sette punte distinte – svettava sul mare verde che la circondava. Come fosse stato un albero conficcato sopra la distesa degli altri alberi. Lungo la stradina forestale che portava ai suoi piedi sentivi una curiosità crescente e ti veniva spontaneo accelerare il passo. Poi, una volta sotto, eccolo, di colpo. Ti metteva le vertigini. Come un precipizio al contrario. L’albero più alto d’Europa. Il Monte Bianco degli alberi.

Questa del Principe sembra una fiaba, ma non lo è. È una storia vera. Una storia di vita, di morte e di vita. Il Principe – «alla cui ombra amava sostare Sigmund Freud e che certamente è stato ammirato anche da Robert Musil», ci ricorda Rigoni Stern nel suo Arboreto salvatico – non era solo un monumento della natura o l’albero dei primati, non era solo meta di incessanti pellegrinaggi da parte di escursionisti, botanici, curiosi e amanti di riti propiziatori delle selve. C’era, in quell’abete bianco, un elemento immateriale che aveva a che fare con gli abitanti dell’Altopiano, gli eredi degli antichi Cimbri. Ecco perché dopo il suo schianto, avvenuto durante una tempesta di vento, giornali e televisioni annunciarono: «L’Altopiano ha perso la sua anima». Ma si sbagliavano. L’anima, un certo tipo di anima, prese forma da quel nobile legno grazie alle mani di un maestro liutaio, così come i due violini, la viola e il violoncello che l’avrebbero contenuta. E il Principe canterà per i secoli futuri. A partire da questa vicenda, Ferrari ci invita a seguirlo nel fitto del bosco dove tesse una trama esemplare, un vero apologo che ci esorta a scardinare la contrapposizione uomo-natura e al contempo a liberarci dalla mitizzazione del selvaggio, per trovare nella cura attiva dell’ambiente la via necessaria a preservare il pianeta e noi stessi.

MARCO ALBINO FERRARI, scrittore, giornalista, divulgatore, è una delle voci più autorevoli della cultura di montagna. Ha ideato e diretto la rivista Meridiani Montagne. Ha curato diverse collane editoriali e pubblicato numerosi libri, tra i quali, con Ponte alle Grazie, Frêney 1961, La via incantata Mia sconosciuta, candidato allo Strega e vincitore del Premio ITAS; con Einaudi In viaggio sulle Alpi e Assalto alle Alpi. Ha vinto numerosi premi: due volte il Gambrinus, il Premio Cortina, Giornalista dell’anno ANA, il Majella, il Pelmo d’Oro.


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