Ponte alle Grazie pagg. 254 - € 16,00
IN UN LIBRO DAVVERO SPECIALE
L’UNICO SCRITTORE PRESENTE (E FERITO) AL BATACLAN
RACCONTA L’ATTACCO A PARIGI DAL SUO PUNTO DI VISTA…
PARIGI: BATACLAN, 13 NOVEMBRE 2015
LA LETTERATURA RACCONTA IN PRIMISSIMA PERSONA
L’ATTACCO TERRORISTICO AL CUORE DELL’EUROPA
Un’esperienza personale dolorosa, una prova di grande talento letterario, una riflessione profonda sulla vita
Paragonato dalla stampa francese a Emmanuel Carrère,
Jonathan Safran Foer e Truman Capote
Al Bataclan c’è un solo scrittore: Erwan Lahrer,
che riceve nel corpo due pallottole di kalashnikov. Sopravvive e fa della propria storia un indimenticabile «oggetto letterario»: un caso unico, per forma
e contenuto, nella letteratura recente.
«Sono un romanziere. Invento storie.
Trame. Personaggi. E, spero, una lingua.
Per dire e interrogare il mondo, le cose umane.
Mi è capitata una disavventura, e per il romanziere
che divide la sua vita con me si è trattato di un guaio:
una sera parigina di novembre, mi sono trovato
al posto sbagliato nel momento sbagliato;
e lui con me».
Alle 21,40 del 13 novembre 2015, tre terroristi legati all’ISIS fanno irruzione nel teatro Bataclan, a Parigi, armati fino ai denti. Nelle ore successive uccidono 130 persone e ne feriscono circa 360. Fra i feriti, un solo scrittore, Erwan Larher. Fortunata coincidenza, essere al centro della Storia e uscirne vivo, per chi vive di storie. Ma come venirne a capo quando la storia in questione è privata e pubblica, lutto collettivo e tragedia personale? Raccontare è difficile, quasi eticamente scorretto, e l’equilibrio fra io e noi impossibile da accordare. Per un anno, Larher rifiuta interviste e dichiarazioni pubbliche. Fino al momento in cui, richiamato al dovere che il ruolo gli impone, dopo una lunga elaborazione del lutto, il libro comincia a colargli fra le dita.
Il risultato è un «oggetto letterario» anomalo, drammatico e ironico, divertente e desolato, in cui i tragitti del Caso (o del Destino) attraversano l’infanzia borghese, l’adolescenza da rocker in erba, l’età adulta da discografico-scrittore, e portano Erwan nell’occhio del ciclone. Accanto a lui, in un gioco di alternanze, le testimonianze dirette di familiari, amici più o meno intimi, compagne, nella loro versione del dramma. Di fronte a lui, un alter ego, Iblis, materializzatosi dal lato oscuro della sua (nostra) stessa marginalità, armato di kalashnikov.
Erwan Larher è nato a Clermont-Ferrand nel 1970. Lavora nell’industria musicale fino ai trent’anni, quando la lascia per dedicarsi alla scrittura. Ma continua ad ascoltare e ad amare il rock, a fare il paroliere, a scrivere serie TV.
Di recente ha fondato a Poitiers una residenza per scrittori. Il libro che non volevo scrivere è il suo quarto romanzo, ed è quello che gli ha procurato la notorietà.
«Questo libro occuperà sempre un posto a sé.
È fra i più sconvolgenti della rentrée letteraria»
LE PROGRÉS
«Un lavoro profondamente letterario che, passando dalla seconda alla terza persona, tende tutto intero verso quel momento magistrale nel quale
Erwan Lahrer scavalca questo dramma e ridiventa “io”».
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