(a cura di Mimma Zuffi)
66thand2nd
candida al Premio Strega TOKYO TRANSIT
di Fabrizio Patriarca
Tokyo
transit, di Fabrizio Patriarca, è il
candidato di 66thand2nd all’edizione 2017 del Premio Strega. A presentarlo sono Alessandro
Piperno e Raffaele
Manica, entrambi convinti sostenitori dell’originalità e della ricchezza
della lingua con cui Patriarca mette in scena l’epopea di Alberto Roi, figlio
di un magnate romano delle fotocopie, e di Thomas Asca, maltese, filosofo
nichilista dedito al culto della cocaina: due picari contemporanei, in fuga
dall’Europa e destinati a trovare, nello stridio meccanico della megalopoli
giapponese, uno specchio delle proprie nevrosi più profonde.
“Tokio transit – scrive Alessandro
Piperno - è un’allucinazione
edonista che fa pensare a Strange Days di Kathryn
Bigelow: forse per la messa in scena sfacciatamente distopica,
forse perché c’è poca luce e troppa oscurità, o forse per il consumo
ipertrofico di sesso e cocaina, o più probabilmente perché è dolce crogiolarsi
in questo nulla.
Certo è che lo stile di Patriarca, le immagini, i giri
di frasi, l’audacia, la sfrontatezza declamatoria gli garantiscono un bel posto
con vista nel panorama della narrativa italiana contemporanea”.
Secondo Raffaele Manica la prosa di Patriarca è un “Un caso di
rara consapevolezza e sorveglianza dei mezzi dispiegati, che segnala l’autore e
il suo romanzo come una delle voci più originali e convincenti dell’annata
letteraria”.
Tokyo, dicembre
2005. Alberto e Thomas, due trentenni che si conoscono fin dai tempi
dell’Università, sopravvivono nella capitale giapponese, maestri nel
«naufragare a vista» tra i quartieri, i personaggi, i vizi della metropoli.
Entrambi hanno un passato che li perseguita, inclinazioni socialmente
discutibili e un complesso di nevrosi decisamente fuori moda. Alberto tenta di
placare un’indomita ossessiona per il sesso aggrappandosi alle carezze di
Masuoka Motoko, una misteriosa sessantenne scampata all’attentato alla
metropolitana del 1995. Thomas, schiavo dei dettami della sua unica amante, la
cocaina, sbarca il lunario portando a spasso turisti stranieri per vendere loro
qualche emozione maudit. Un’avventura lunga un
giorno – su e giù per Shinagawa, Asakusa, Ginza, Shibuya, Odaiba e Roppongi –,
in una città «immersa in un gelo cauterizzato senza benefit di sorta», dove i
due uomini sono costretti ad affrontare i loro fantasmi. Ne esce un’epopea
caustica e bruciante, raccontata con una lingua iperbolica che abbatte a
scudisciate i mulini a vento di una contemporaneità fieramente disperata.
Perché i giapponesi, come scriveva Kafka, non sono altro che «pensieri suicidi
nella mente di Dio».
Motivo principale di fascinazione di Tokyo transit è
senz’altro la lingua… una metaforizzazione a tavoletta, una prosa strafatta che
può ricordare quella del primo Nicola Lagioia, ma che piuttosto si ispira,
forse, alla brillantezza da forzato di Martin Amis - Andrea
Cortellessa, La Stampa TTL
Tokyo transit è un romanzo che affonda nel male di
vivere di due trentenni alla deriva in un nichilismo dissipativo, dove anche il
cupio dissolvi ha una sua vitalità – Cristina Taglietti, La Lettura
Mi ha lasciata sopresa, interdetta, ammirata. Raramente
capita di trovare una proprietà lessicale di questa portata, una ricchezza
terminologica e un linguaggio pirotecnico, direi, allucinato, a tratti. –Michela Murgia,
Quante Storie – Rai 3
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