!-- Menù Orizzontale con Sottosezioni Inizio -->

News

mi piace

giovedì 19 novembre 2015

Appunti di viaggio nella Repubblica Dominicana

Di Tiziana Viganò

......La penisola di Samanà mi ha dato un senso di incantamento. Una zona stupenda, così diversa da quella sconfortante di San Pedro de Macorìs e da quella della zona turistica orientale, con Punta Cana e Bayahibe, con la foresta rada e il terreno pianeggiante, affollata di resort.


Si giunge da sud per una autostrada a due corsie poco frequentata, che attraversa un paesaggio verdissimo sempre diverso, tra piantagioni di palme, banane, riso, con lo sfondo delle montagne ricoperte di fittissima foresta: poi ecco il magico parco Nazionale di Haitisies, con i suoi canyon di minerale friabile, rocce rosse grigie nere e bianche, estremamente suggestive. 
Il cielo è di un azzurro molto intenso nella stagione invernale, sembra in movimento, percorso com’è da nuvole enormi, bianche, in moto continuo, veloce: in alcuni momenti si accumulano, in altri si stracciano col vento fortissimo come immensi e infiniti veli. Nella stagione delle piogge, a giugno, quando lo rivedo è molto diverso, con una cappa di nuvoloni grigi che esplode poi in pioggia torrenziale, è un cielo pesante che persiste tutti i giorni, dalle spiagge alle montagne.
Quando il paesaggio improvvisamente cambia compaiono file di casette e baracche, con i souvenir e il solito cibo fritto, esposto al sole nelle botteghe lungo la strada: ecco arrivare la zona turistica, all’imbocco della penisola di Samanà. Pittoreschi, colorati, ma sempre poverissimi, questi insediamenti denunciano che la situazione è ovunque abbastanza precaria, ma almeno lungo la strada principale non si vedono situazioni di degrado estremo come nella zona sud. Tutto sommato il turismo porta soldi e un certo benessere, l’agricoltura è fiorente: in campagna le case dei contadini hanno un certo decoro, nella cittadina di Samanà ci sono casette nuove costruite secondo l’architettura tradizionale, in legno dipinte a colori pastello, graziosi residence e nel porto ci sono molte barche e motoscafi, gli stranieri nella buona stagione sono numerosi. E quando in marzo nella baia arrivano le balene a partorire c’è molto movimento di turisti che arrivano a vederle, uno spettacolo sempre grandioso.
Le casette di legno a Samanà
La strada segue tutta la penisola fino a Cabo Samanà, con le spiagge orlate di palme piegate dal vento, il mare è più mosso del pacifico e caldo Mar dei Caraibi: qui sono al cospetto dell’oceano Atlantico, che, non so perché, mi emoziona sempre. 
Proprio alla fine della strada, a Las Galeras, ci sono le spiagge più belle, quelle che tutti sogniamo pensando alle  immagini dei Caraibi: anche in alta stagione sono quasi deserte, lunghissime, con un mare da urlo e la sabbia candida che contrasta con i colori della vegetazione.  
La Playita, a Las Galeras
Dicono che chi viene qui riparte piangendo, o non riparte per niente: ed è vero per molti che rimangono stregati da questa terra bellissima. La vita è molto spartana, semplice, mancano tutte le comodità, ma la bellezza della natura compensa i coraggiosi che sanno adattarsi. Un luogo stregato che incanta e irretisce: la magia sembra vincere.
Io ho voglia di lasciarmi catturare, ma quando ritorno una seconda volta con occhio più critico vedo che non è così  facile adattarsi alla mancanza di tutto ciò a cui sono abituata: la stagione delle piogge rende tutto molto meno affascinante e perfino la meravigliosa Playa Rincon ora non è più bianca e pulita, ma ricoperta di alghe nere putrefatte che mi lasciano una cocente delusione. Bisogna guidare fino alla fine della spiaggia, dove c’è la piccola zona attrezzata con i soliti ristorantini e sdraio per ritrovare la sabbia pulita, ma anche la gente che nell’alta stagione era completamente dispersa. Fine del sogno selvaggio, la “Naturaleza” non è sempre bella come la sogniamo. 

Playa Rincon nella stagione invernale
Playa Rincon nella stagione estiva

Il posto più frequentato della penisola di Samanà è Las Terrenas: c’è molta gente, negozi e attività, la spiaggia è grande, bella; qui si concentrano i resort, arrivano anche le navi da crociera....ed è tutto un altro mondo.

Sulla costa sud, a pochi chilometri dalla capitale cominciano gli insediamenti turistici famosi, Boca Chica, Guayacanes, Juan Dolio: li trovo orribili, edilizia speculativa ovunque, scheletri di palazzi  enormi che non sono mai stati terminati – denaro riciclato? – perfino le spiagge non mi piacciono affatto,e per di più ho avuto la sventura di trovarmici di sabato e domenica, quando sono affollatissime, piene di spazzatura....un vero orrore. 
La prima volta che sono arrivata in questo paese ho avuto un vero impatto con la città di San Pedro de Macorìs: arrivata in taxi dall’aeroporto era evidente che l’unica turista ero io, o quasi. Importante città industriale un tempo, dopo il tracollo delle imprese negli anni Ottanta è diventata una grande città fatiscente, un agglomerato di baracche dove le case in muratura in buono stato sono poche e si alternano a posti sporchi puzzolenti e perfino po’ inquietanti. Tornandoci molte altre volte mi sono in parte ricreduta e tranquillizzata, ma rimane una città veramente orrenda, con un lungomare da brivido: l’unico posto davvero interessante – ma è meglio andare accompagnati – è il mercato, dove mi hanno colpito soprattutto le “erboristerie” con un miscuglio incredibile di erbe, filtri magici, candele, incensi, immagini religiose cattoliche e stregonerie di vario tipo, il sincretismo del vudù, di cui nessuno parla (dato che ha cattiva fama e incute paura), ma che tantissimi nativi praticano.
"Erboristeria" nel mercato di San Pedro de Macorìs
Filtri magici venduti nell' "erboristeria" nel mercato di San Pedro di Macorìs, un po' per tutte le esigenze: chiamami, dammi denaro, "essere maschio", voglio vederti, "per tutto"...ecc. .....

Più  a est l’importante città di La Romana, 130.000 abitanti, deve il suo nome alla massiccia emigrazione di italiani  fin dall’Ottocento e fu costruita attorno dall’industria zuccheriera della famiglia Vicini: è caotica, disordinata, piena di negozi, attività e centri commerciali all’americana dove si può trovare di tutto, anche il cibo italiano spagnolo e francese delle grandi marche presenti nei nostri supermercati, dal prosciutto al salame, dal parmigiano ai biscotti del Mulino bianco, al latte all’acqua minerale, perfino la polenta: basta pagare tantissimo e si può mangiare proprio come a casa in Italia con le stesse marche. Per le vie della città si alternano case belle o abbastanza belle con edifici pericolanti o decadenti: un miscuglio di ricchezza e povertà che è la realtà di questo paese. Fuori città c’è il famoso Casa de Campo, resort lussuoso per golfisti internazionali servito da aeroporto costruito apposta per loro.
"Comedor" all'aperto, pollo alla griglia con patate e banane fritte
La pretenziosa autostrada a quattro corsie che attraversa lo Stato è sempre deserta anche nei giorni festivi, si dirige da ovest dalla capitale, Santo Domingo, a est a Punta Cana, e raggiunge a nord Santiago: ogni chilometro nasconde corruzione e speculazione. Sicuramente in questo modo il Governo risparmia ai turisti la vista del degrado di alcuni luoghi, come batey orrendi sul ciglio di strade statali, ed evita il caotico traffico delle città per mostrare solo l’aspetto moderno della Repubblica Dominicana, stendendo il velo pietoso sulle brutture che potrebbero disturbare gli occhi e il naso degli stranieri.

I batey, baraccopoli costruite in mezzo ai campi di canna da zucchero, più o meno miserabili, se si può dare una misura alla miseria: niente acqua, elettricità, raccolta rifiuti, fognature....niente di niente.










Più avanti c’è Bayahibe: era un villaggio di pescatori, di cui restano ancora le casette di legno colorato, azzurre e verdi e tuttora è grazioso. Ma sono troppe le case in muratura cresciute dissennatamente, senza pianificazione, ad opera dei costruttori italiani, attratti dalla possibilità di speculare sui costi bassi e sul favore del governo e del fisco, che hanno riprodotto un modello edilizio e urbanistico che in Italia conosciamo benissimo perché ha determinato lo snaturamento e la cementificazione delle nostre coste. 
Bayahibe, le barche per turisti
Bayahibe
Bayahibe, le casette di legno sulla spiaggia


L'isola Saona

La fantastica bellezza delle isole coralline davanti al paese, Saona e Catalina, attirano i sub e gli amanti degli sport nautici: il mare è caldo e calmo, varia in mille sfumature di azzurro e turchese, la sabbia candida e finissima è frutto dell’erosione delle coste un tempo fatte di corallo. Ogni giorno arrivano decine di pullman che scaricano turisti: attraversano una strada, 100 metri di spiaggia, salgono su una barca o su un catamarano senza quasi avere il tempo di guardare lo scalcinato mercatino, raggiungono le isole; poi tornano alle quattro del pomeriggio e spariscono, senza lasciare nulla se non rifiuti.
Nei giorni tranquilli è piacevolissimo stare alla mezz’ombra sotto le palme a chiacchierare intorno a un tavolo sulla bella spiaggia, con un frullato di mango, la batida di ananas o la deliziosa birra dominicana, leggera e dal gusto zuccherino, servita ghiacciatissima, accompagnati da un piatto di croccanti tostones, le banane verdi fritte ben salate che sono una vera tentazione.
Si suona e si mangia sulla spiaggia di Bayahibe, all'ombra delle palme
Una fila di baracche vendono souvenir e cibo fatto in cucine dove l’igiene è un’ipotesi... pesce maiale pollo tutto fritto con contorno di patatine e banane fritte...si può assaggiare e non è niente male, basta non pensare troppo alla salute e sperare nella protezione di Dio dai batteri. Tutti mangiano e bevono, ascoltando l’immancabile musica caraibica, o stanno immersi fino alla cintola nel mare sorseggiando rum, cocktail o birra...poi buttano il bicchiere, il cibo avanzato e tutte le plastiche sulla spiaggia che alla sera è una discarica, soprattutto sabato e domenica, quando è invasa dai dominicani, oppure il martedì quando le enormi navi da crociera vomitano centinaia di turisti...e il paradiso è perduto. Per fortuna la mattina dopo i ragazzi dei ristoranti ripuliscono tutto, ma per me europea abituata al pensiero ecologico è davvero sconcertante. Urbanizzazione senza regole e infrastrutture  insufficienti rispetto ai turisti che arrivano come onde del mare si manifestano nelle discariche e spazzature disseminate nel paese: nella stagione invernale si possono tollerare, ma nella stagione estiva, con il clima caldissimo e umido il disagio non è poco. 
Del resto le contraddizioni sono onnipresenti: bellezza e bruttezza sono sempre facce ambivalenti e opposte nello stesso luogo.

Bayahibe è una colonia italiana....sono migliaia quelli che passano qui i mesi invernali dopo aver comprato o affittato una casa, tutti migranti, pensionati o giovani hanno visto qui l’opportunità di investimenti a basso costo in un ambiente dove è sempre estate, la natura è bellissima, la vita informale, anche se è facile solo a chi guarda le cose in modo superficiale. Molti ci ripensano: il turnover delle case è velocissimo, gli appartamenti in vendita numerosi, mentre crescono come funghi i nuovi edifici....chissà chi li abiterà, e per quanto tempo. 
A pochi chilometri sorge Dominicus, il paradiso dei resort, tutti ben recintati, con filo spinato a volte elettrificato, portieri, security, soldati e poliziotti con il fucile penzolante sulla spalla, pronti a far fuoco sulle paranoie della gente che ha più soldi e vive così, in prigione: sicuramente è un posto più ordinato, pulito ed esteticamente migliore che altrove.
Uno dei resort più famosi di Dominicus
A settanta chilometri da Dominicus e Bayahibe sorge il famosissimo Punta Cana, dove se possibile le paranoie sono maggiori. Non ci sono paesi veri e propri e per entrare nella zona  si deve lasciare il passaporto all’ingresso, ai soldati armati fino ai denti. Ma dove vedono tutto questo pericolo? Gli stranieri sono molto onorati e serviti, anche se come ovunque gli episodi di violenze e furti non mancano. Sicuramente in questo posto il mio occhio abituato all’ordine e alla pulizia si riposa, spaziando tra i resort e i centri commerciali nuovi ed eleganti, le strade pulitissime orlate di piante, con gli stupendi alberi di  flamboyant coperti di fiori rosso vermiglio e gli arbusti fioriti di tutti i colori.... però quando cerco di fotografarli vengo immediatamente fermata con gentile fermezza da un poliziotto armato “E’ vietato”. Vietata la macrofotografia di un fiore?!? Sono molto perplessa.

Guardo i resort, vere prigioni dorate dove c’è tutto quello che può servire, dove il turista può rinchiudersi dimenticando il resto, non ha bisogno di uscire a sporcarsi i piedi  nelle strade polverose e sudice. Porta con sé le abitudini di sempre, le sicurezze della società che conosce bene: in realtà non è mai partito, perché andare in questi luoghi finti e prefabbricati  è come non muoversi da casa, è solo trasferire altrove il proprio mondo.
Queste strutture, costruite dalle multinazionali del turismo, non hanno niente di tipico, sono tutte uguali, in tutto il mondo, sono traboccanti di gente quando la stagione è buona, deserti di lusso quando la stagione è morta e il sole non è così sicuro, coperto com’ è dalla cappa di umidità tropicale e dalle nuvole nere che coprono l’orizzonte.  
E’ un “turismo placebo”: non porta nessuno sviluppo economico e sociale al paese, il denaro circola solo all’interno della struttura, non esce a dare ossigeno a chi fuori ne ha bisogno per intravedere la speranza di migliorare la propria vita. 
Tanta gente ha bisogno di staccare dalla vita di tutti i giorni e indubbie sono le comodità e la bellezza dei resort: ma suggerisco di uscire qualche volta, per cercare di vedere anche al di là di quell’altissimo muro dove, nella siepe fiorita e tra le palme che recintano l’hotel, si nasconde il filo spinato elettrificato. 

“ll vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”.
(Marcel Proust)

Per approfondire argomenti relativi alla Repubblica Dominicana, soprattutto dal punto di vista sociale link a

Il fantastico fiore del flamboyant


2 commenti:

  1. Incredibili contrasti!chi l'avrevve detto?
    Alessandra

    RispondiElimina
  2. Non tutti hanno la voglia di andare a "sporcarsi le mani" quando viaggiano. Io trovo che sia l'unico modo per poter capire, imparare, scoprire... Brava Tiziana!

    RispondiElimina